Sono stati venti minuti pirotecnici quelli di Clemente Mastella a margine dei lavori del Consiglio comunale di ieri l’altro. Venti minuti come le tre settimane di Fred Bongusto e cioè da raccontare per il crescendo rossiniano di autoesaltazione più irresistibile del suo ottennato in cui ha ridotto a rango di men che comprimari tutti coloro che lo hanno osservato divertiti ma anche turbati.
Il classico “lei non sa chi sono io” sbiadisce dinanzi alla più pura sublimazione del proprio culto della personalità, il Sindaco si è profuso in un esercizio di celebrazione personale scaraventando addosso al povero Perifano una salve di distinguo arrivando a dire che quello esiste politicamente solo perchè si contrappone a Lui e ovviamente soccombendo a Lui. Mastella ha sempre dato la sensazione di muoversi come un pachiderma in una cristalliera; troppo grande la sua corporeità per costringerla in un ambito di provincia che non gli si addice pur essendo nato “alla periferia di un paesino”, ha detto alludendo a Ceppaloni. Ma se i suoi natali sono stati umili così non si può dire della sua ascesa politica a latere di De Mita, ma poi s’è messo in proprio. Parlamentare per molti lustri e poi due volte ministro e sottosegretario e sarebbe già abbastanza per autorizzare atteggiamenti da Marchese del Grillo.
Se ci mettiamo poi che ha determinato col suo partitino, l’Udeur, la sorte politica del Paese per molti anni, ebbè, chi lo ferma più. “Sono nella storia di questo nostro Paese, lei al massimo può acconternarsi di essere stato candidato ma sempre sconfitto a Benevento e nel primo caso l’ho anche sostenuta, non se lo scordi” ha ruggito al cospetto di un indifferente Perifano che aveva provato a metterlo in difficoltà sul versante della crisi idrica.
“Purtroppo va così, quando Mastella non ha argomenti per reggere il confronto sulle questioni amministrative, il massimo livello che riesce a raggiungere è quello dello scontro sul piano personale. Pazienza, noi continueremo a fare la nostra parte, sempre e con la schiena dritta”, ha detto Perifano che ha lasciato il proscenio all’arrembante contraddittore.
Mastella è entrato nell’immaginario collettivo del Paese, vince perchè ne incarna la estrema semplicità, a volte i bisogni, arriva al cuore dell’elettore con quella sua loquela smozzicata e a tratti molto vicina alla supercazzola monicelliana parlando la stessa lingua della povera gente. Un tempo era garanzia di posti fissi, ora molto meno ma i tempi sono cambiati, non ha sovrastrutture, magari omette che il suo è un vero e proprio sistema di potere o quanto meno lo è stato, con tutti i crismi che un sistema di potere contempla, ma agli occhi del mondo appare di certo più accettabile perchè prevede la sinallagmaticità delle convenienze e questo rassicura la gente.
Radio e tv nazionali se ne contendono le presenze, addirittura la Treccani lo ha “insignito” di quell’aggettivo innominabile che ne indica la provenienza, insomma egli è il campione del nazionalpopolare in versione politica. Il Palazzo lo ha sempre considerato un parvenu ma questo non ha impedito che le feste udeurrine a Telese fossero il primo grande appuntamento politico della nuova stagione e tutti vi si fiondassero senza troppi infingimenti.
Piegati alla sua intelligenza tattica e alla sua capacità di imbastire e vincere campagne elettorali destrutturando la controparte, ora un uomo siffatto fa il sindaco di Benevento, dopo i lunghi anni bui seguiti ai tentativi a vuoto di sovvertire Comune e Provincia e alle note vicende giudiziarie della consorte conclusesi tutte bene, e questo gli impone il dovere della conoscenza dei problemi di una città di provincia che in massima parte nemmanco immagina, trascinato in situazioni che ne denotano le difficoltà e nei confronti delle quali spesso si ferma all’enunciato. Rifiorisce quando ha l’opportunità di riemegere dalle secche di una condizione locale e senza glamour e in quelle circostanze ci si rende conto di quanto è stato potente quest’uomo, delle carriere che ha battezzato, degli ambienti che ha vissuto, di quanti a tutti i livelli gli debbano qualcosa.
Epperò, adesso Mastella compie un esercizio di stile al contrario. Ammnatarsi di grandeur motu proprio, ergersi sugli astanti quasi a dimostrare la sua intangibilità dalle critiche “de noantri”, stampa compresa quando accade, mostrare i muscoli al crepuscolo, per sua stessa ammissione, della propria parabola politica lascia perplessi e pure un poco tristi, diventa tutto caricaturale dinanzi al suo passato fulgido e splendente.
Vedere uno come lui doversi difendere trincerandosi dietro i suoi trascorsi non è simpatico anche perchè è l’atteggiamento che ripete quando vive momenti di difficoltà e ce ne sono stati tanti. Uno che ha avuto a che fare con Moro e Fanfani, De Mita e Craxi, Andreotti e via discorrendo,capi di stato e di governo, adesso deve spiegare perchè Agostinelli lo abbia mollato e prima ancora Ginettaccio e il furbo Barone e Casucci e la Iodice e i tanti sindaci che “in ogni tempo gli furono graditi”. Deve avere a che fare con gli arcinoti arraffa arraffa e succhiaruote di cui non ha mai svelato i nomi, essere costretto addirittura a minacciare le dimissioni illo tempore per calmare le avidità dei suoi, in buona sostanza è pretendere troppo da uno che ha tenuto per le palle almeno due governi e ora è costretto goffamente a mettere spazio tra se e i suoi avversari di oggi e tra se i suoi affamati cadreghisti ricorrendo all’arte povera di un miles gloriosus qualsiasi.
Cadreghisti e aspiranti che se ne stanno zitti e buoni, magari pronti a sgattaiolare via alla prima occasione, quando annuncia che se fanno il terzo mandato sarà sempre lui il candidato e che se non lo fanno valuterà quelli della sua “regione politica” ma senza specificare chi. E allora, vuoi vedere che “regione politica” significa ancora una volta l’uscio di casa?