Il 25 Aprile è la festa degli italiani, di tutti quelli che si riconoscono, provenendo da culture politiche diverse, nell’antifascismo ora e sempre. Se si parte da questo assioma poi è possibile aprire basi di confronto storico ed anche politico, operare revisioni su quello che è stato anche il lato deteriore della Resistenza, le vendette personali, il tanto sangue versato. Una guerra civile è quanto di peggio possa capitare ad un popolo e il ricordo di quei giorni spacca ancora oggi, a distanza di 80 anni, famiglie e sentimenti ma deve essere chiara e precisa la condanna del Fascismo e di quello repubblichino in particolare, che di quel confronto fratricida, avendo fatto una scelta netta, fu l’ispiratore massimo e criminale.
Ma politicamente il 25 Aprile resta scolpito a caratteri di fuoco; esso è l’inizio della nostra storia democratica che tra molte ombre e poche luci e in un contesto di profonda diseguaglianza sociale, ancora tiene e noi ce la teniamo stretta e la difendiamo da nemici vecchi e di nuovo conio. Perchè altro non c’è se non la barbarie e l’opportunismo dei nemici di sempre, del lavoro e delle classi meno abbienti. Non si illuda nessuno che parole come lotta di classe o proletariato appartengano all’archeologia del vocabolario politico perchè pur mutando i tempi esse incarnano un eguale stato di sfruttamento, oggi ancor più subdolo perchè ammantato dalla falsa tecnologia egualitaria.
Tornando a noi, absit iniuria verbis, oggi si celebra e si festeggia il sacrificio di tanti che ci restituirono la libertà o quantomeno contribuirono a toglierci dal volto lo “scuorno” di essere stati tra i responsabili di un conflitto immane da 50 milioni di morti e a permetterci di riprendere il posto che ci spettava nel consesso dei popoli civili dopo gli anni della dittatura e una guerra insensata e devastante.
Fa piacere che anche il Capo del Governo, finalmente, cominci a fare aperture. “Nel giorno in cui l’Italia celebra la Liberazione, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia, ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari.” E’ il minimo sindacale ma è un inizio. Resta la idiosincrasia di base che impedisce di dire apertamente la parola antifascismo e allora ci si rifugia in formule che denotano la difficoltà ad ammettere che la natura di chi oggi governa la nazione deriva da li, c’è poco da fare.
A Benevento il 25 aprile ha fatto registrare un sostanzioso incremento di partecipanti e la cosa riempie di soddisfazione. C’era il sindaco Mastella. “Vale la pena partecipare a questo momento storico che è spartiacque per quei patrioti del tempo che sognavano la loro Italia. Ma è come la sognavano? Un’Italia che legittima disuguaglianze da nord a sud, disuguaglianze sul mondo del lavoro, ancora tanti morti. Sognavano un mondo non pacificato e l’odio che legittima guerre che non pensavamo più potessero fremere? Mentre negli Usa celebrano festa indipendenza tutti uniti da noi ci sono ancora divisioni. Non mi piacciono i modi scomposti, bisogna recuperare il noi, il rispetto reciproco”
Parole largamente condivisibili come pure quelle espresse dal presidente sannita di Anpi Ciervo. “Non ci sarebbe stata l’Assemblea Costituente e la Costituzione senza il 25 aprile che è una data che segna il passaggio dalla vecchia Italia, quella del Fascismo ma anche quella dello Statuto Albertino, alla nuova Italia, l’Italia della democrazia, dei diritti, del progresso. Chi dice di non riconoscersi nel 25 aprile non si ritrova nei valori che il 25 aprile ha portato nel corpo politico e civile del nostro Paese”.