Rosato e Bonetti che entrano in Azione e dicono addio a Matteo Renzi. Una frattura clamorosa e quella di Ettore Rosato in modo particolare, un addio che fa male vista la profonda convergeza negli anni del PD tra i due. M sono state le parole di Elena Bonettoi a sucitare le polemiche maggiori.
L’ex ministra del governo Draghi aveva definito accozzaglia la eventuale lista per le Europee tra Azione, Più Europa e appunto Italia Viva suscitando la reprimenda Roberto Giachetti che invitava la Bonetti a provare vergogna per le affermazioni rese dopo essere stata ministra proprio grazie a Renzi.
Senza dubbio la campagna acquisti di Calenda in territorio renziano complica, tanto per usare un eufemismo, i già precari rapporti in quello che fu definito Terzo Polo e che pare tramontare visto che Calenda afferma di non essere ointenzionato a fare “una lista indistinta che accolga Italia Viva e che non sarebbe credibile per gli elettori.
Entriamo per allargare Azione e per avviare un processo di costruzione di un nuovo partito unitario, dice la Bonetti, mentre Ettore Rosato intende contribuire alla creazione di un partito che abbia la capacità di rompere il bipolarismo. Nella disputa entra anche Clemente Mastella che con Renzi ha stabilito un patto elettorale e politico e per cui tanto reo tempo si volse per gli effetti prodotti in ambito locale. Mastella bacchetta la Bonetti con un certo barocchismo verbale.
“L’ex ministro e prof di matematica Bonetti si è specializzata nel contrario dell’algebra politica: divide e non aggiunge, in una bizzarra forma di ortopedia strategica al contrario che non ricompone ma aggrava le fratture. Forse propende per una nuova teoria geometrica: disfare é meglio di costruire.
Mitighi piuttosto, prosegue Mastella, questa furia inutilmente distruttiva, anche perché fa l’esatto contrario di quanto auspicato dai colonnelli – e dai generali – europei del suo raggruppamento”. L’area moderata – ha aggiunto Mastella – ha bisogno di mediatori intelligenti che coniughino il buon senso e la moderazione. Chi si assume la responsabilità dell’arroganza divisiva, domani potrebbe doversi assumere quella, ben più scomoda, di una disfatta politico-elettorale.”