Alcune considerazioni sul voto delle Provinciali. Di primo acchito, Mastella ha vinto! I numeri sono numeri e benchè abbia perso moltissimi voti ponderati, una caterva, e benchè sia in parabola discendente, che piaccia o meno, egli ha vinto. Mantiene la maggioranza, ha dalla sua il presidente, pertanto ogni altro discorso è vano. Si arrocca al suo residuo castello beneventano, lo sfrutta a dovere di fronte ai nuovi “conquistadores” che vengono da destra, sbeffeggia il Pd beneventano che lo detesta e alla fine indice conferenze stampa in cui annuncia che si potrebbe anche candidare alla presidenza della Regione in mancanza di concertazione.
Una boutade, come quando candidandosi a sindaco di Napoli nel 2011 puntava al 5% ma prese il 2,17 con diecimila preferenze. Una boutade, certo, ma che però serve a cementare un blocco che sente venire meno, lo spirito di quelle “dichiarazioni alla stampa”, nemmeno lontanamente paragonabili ad una conferenza stampa che invece obbliga al contraddittorio che Lui non digerisce, almeno a queste latitudini dove considera la stampa, quel poco che c’è, qualcosa di imparagonabile alla sua persona, serve proprio ad attirare sulla sua stanca figura tutta l’attenzione possibile.
Fa uno sforzo immane ma imprescindibile. Venendo a noi, per pareggiare i conti col resto del mondo politico sannita Mastella ha dovuto fare delle scelte nette e dolorosissime che è ipotizzabile lo abbiano provato anche personalmente. Pressato dai suoi pretoriani, ha conseguito una vittoria di Pirro per raggiungere la quale ha dovuto scaricare Gino Abbate e con lui la rappresentanza regionale che ormai non ha più, e a Renzi cosa mai potrà portare in dote…
Ha sacrificato destituendolo l’unico consigliere di un certo livello tra i suoi e che possa fregiarsi di tale qualifica, Francesco Farese, il quale ha resistito a tutte le blandizie possibili mantenendo fede ai suoi principi. Gli resta però la maggioranza degli altri, un manipolo di “alzatori di dito a comando”, parenti strettissimi di quegli “arraffa arraffa” da cui provò con successo a liberarsi un paio d’anni scarsi fa, ma erano altri tempi, che forse lo condurrà a scadenza di mandato.
Ma si tratta di cadreghisti della cui lealtà è lecito dubitarne, eccetto pochissimi, pronti a sganciarsi non appena s’accorgeranno che lo scenario dinanzi a loro si farà leggermente più nitido e fino a quando non si saranno accertati che da un’altra parte finiranno per avere quello che da questa parte intuiscono di non avere più.
Epperò si dovranno misurare con quelli finora emarginati dal mastellismo nei più disparati settori della vita pubblica E allora tu lettore vedrai una umanità imbarazzante piena di colletti bianchi, decariani e non, giornalisti rapidi a cambiar di casacca meglio di Fregoli di cui ci occuperemo più avaccio, portatori d’acqua, professionisti, imprenditoriotti pieni di buone intenzioni ma poi capaci di pisciare in mano ai propri dipendenti o presunti tali con retribuzioni da vergogna che manco nel Bangladesh, tombeur de fammes e tutto un circo Barnum che comincia ad affilare i coltelli. Sarà una bella lotta che impegnerà la “città di sotto”, quella delle pulsioni inconfessabili e dei legacci parafamiliari, che determina molto spesso le scelte della “città di sopra” e che si estende a tutti i livelli ma che vive al riparo, ben nascosta da sguardi assai indiscreti.
Tornando a Mastella, le sue dichiarazioni alla stampa sono sembrate parte di una recita e d’altro canto è stato proprio lui a dire che in buona sostanza quello che doveva fare lo ha fatto e che a 77 anni può ritenersi più che soddisfatto. Ma è un politicante e come tale avvinghiato al presente che rappresenta la sua ragione di vita. E poco importa il resto.
Auguri e buon Natale.