Noi Campani e il problema legato alla dissidenza interna di Alboino Greco. Ieri la parabola della tensione ha toccato il suo diapason con il documento firmato da Greco nel quale in buona sostanza Alboino ha accusato i suoi, ma è lecito pensare che non lo siano più da qui a poco, di avere agito con il chiaro intento politico di mettere in difficoltà la maggioranza.
E’ una tesi che ha un suo fondamento. I debiti, una volta arrivati in consiglio, vanno votati ob torto collo e quindi non avrebbe molto senso, tecnicamente parlando, di astenersi su qualcosa cui non si può obiettare nulla. E allora si sostanzia la tesi di Greco, che sia stato quello un atteggiamento politico e lui sta con Mastella, c’è poco da fare.
A questo punto agli abbatiani non resta altro che indicargli la via dell’uscio e augurargli di accasarsi altrove, magari in quei gruppi controllati dai passdaran del sindaco dove non alligni la malapianta della critica. Al tempo di Mastella sindaco e specialmemnte sotto elezione, non è ammesso sostenere tesi che non siano quelle legate al mainstream che a sua volta si dota di strutture poderose di controllo del consenso, emissari di ambo i sessi che vengono militarizzati con il solo scopo di ricondurre a ragione tutti coloro che professano riflessioni difformi con la promessa di qualcosa, ovviamente.
Farese e Palladino incarnano posizioni politiche che fanno parte del più generale disegno di Gino Abbate, di cui conosciamo assai bene le motivazioni, e sanno altrettanto bene che la critica non trova lungo respiro in un sistema monocratico come è il mastellismo e sanno anche che l’apparato burocratico di Palazzo è ancora più impenetrabile del mastellismo.
Mastellismo che in questo momento è blindato dai colonnelli, in tutto cinque o sei persone tra politica e burocrazia e da una agguerrita fila di opliti che serrano i ranghi, marcano il territorio, si prendono la briga di fare il lavoro sporco ma tutti rispondono sempre a Lui che dalla sua ha margini stretti, più stretti di quelli del 2020.