Molly e la morale epicurea di Orazio
Politica
Molly Chiusolo non ci sta a passare per quello che ritiene non essere, difende la legittimità del concorso vinto e annuncia di volere dare concretezza alle intenzioni di querelare chiunque abbia messo in dubbio la sua correttezza e la sua onestà. “Come annunciato nel mio precedente intervento credo opportuno, anche a beneficio di chi volesse continuare a propalare illazioni o vigliacche maldicenze sul mio conto, che ho dato mandato ai miei legali di presentare querela nei confronti di tutti coloro che mi hanno diffamato a mezzo stampa attribuendo alla sottoscritta condotte penalmente rilevanti.
Dispiace che il confronto politico debba travalicare le sedi deputate, ma quando la normale dialettica politica diventa occasione per fomentare dubbi e lanciare accuse sull’onestà e sulla moralità di una persona, è necessario segnare un limite”.
Dinanzi a queste parole una riflessione va fatta. Nessuno, o quanto meno da questa tribuna, ha messo in dubbio la legittimità di una affermazione concorsuale; non ne avremmo alcun interesse e tanto meno abbiamo le prove concrete per asserire che le modalità del concorso siano state alterate. Molly è arrabbiata e c’è anche da comprenderla ma da più parti, anche da settori della sua maggioranza, si è levata una critica diversa e cioè se fosse opportuno politicamente che un membro della giunta, tra i più influenti, svolgesse un concorso pubblico, mettendo a frutto tutta la sua sapienza, senza sentire prima l’esigenza di farsi da parte rispetto al suo ruolo politico e amministrativo che ricopre.
“Est modus in rebus sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum”, scriveva Orazio nel libro primo delle Satire e che cioè esiste un punto varcato il quale si finisce per perdere di vista la via della rettitudine e di ciò che è giusto. Che è parametro assolutamente arbitrario, si comprende, e quindi assolutamente soggettivo. Molly ha meritato di vincere il concorso, la conosciamo bene, è persona seria e preparata e nulla ci induce a pensare che possa avere agito se non nel rispetto dei crismi. Meglio farebbe a sciogliere ogni dubbio ora, nel momento di prendere servizio, e valutare cosa sia meglio fare considerando bene i pro e i contro. In un Paese poco poco normale è così che si dovrebbe agire ma questo non è un Paese normale e quindi ne consegue che i confini oraziani di cui sopra non preludono ad alcuna assenza di rettitudine, nel senso che il grande poeta di Venosa intendeva nelle sue satire, sia chiaro.
E allora, in una città sorda a quasi tutto, dove il 70% si beve acqua contaminata ma potabile, almeno fino ad un prossimo possibile picco, e se sta zitta, dove lo spopolamento è continuo, la disaffezione per la res publica è dilagante, il dibattito pubblico è affidato ai comunicati stampa, la stampa stessa è quasi del tutto inutile, gli editori utilizzano la loro attività nel settore per meglio allargare i propri affari e strafottersene dei giornalisti che ci lavorano pagandoli una miseria e costringendoli ob torto collo ad andare a a cercare fortuna altrove, magari rimpiazzandoli con pensionati di pregio a gratisso, stando bene attenti ad ossequiare il potente di turno quando il potente stesso non sia uno di loro, ebbè, il caso di Molly, delicato senza dubbio, finisce per diventare davvero paradossale, la classica foglia di fico con la quale nascondere le nostre coscienze putride. “E quinci sian le nostre viste sazie…”
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