E’ stato un pomeriggio dai toni fortissimi quello che si è vissuto a via Traiano a Benevento. Era in programma la prima seduta del Consiglio del Distretto idrico, il nuovo organismo che dovrà curare la transizione per la gestione delle risorse idriche. Fuori, un sit in organizzato da Acqua Bene Comune che contesta in nuce il progetto targato Eic che secondo Seneca e compagni conduce dritto dritto alla privatizzazione dell’acqua. A loro avviso è falsamente indicativo sostenere che il 51% resti in mano pubblica; è il 49% in mano privata, Acea tanto per intendersi, che in realtà conta di più perchè è la quota di chi ci mette i soldi, quelli veri, e vorrà trarre il profitto, parola aborrita dai manifestanti. Tra i quali c’era padre Alex Zanotelli, il prete comboniano, tra i più agguerriti sulla strada della irriducibilità della lotta.”Tra vent’anni sarà sull’acqua che ci si ammazzerà”, sostiene profetico, ” e noi dobbiamo impedirlo”
Padre Zanotelli incita in prima persona a salire su, nella stanza dove si tiene il Consiglio, per gridare forte che quel consesso “non s’ha da fare”, che quella consorteria è antidemocratica e in questo è sostenuto da Giannicola Seneca che al grido di “vergogna” fa irruzione al secondo piano della Casa del Reduce. Quivi le urla, le accuse, la concitazione. Pompilio Forgione, il coordinatore del distretto, blocca quelli del comitato. “La riunione è a porte chiuse”, intima a quei forsennati. Vola anche qualche parola di troppo poi, complice anche le forze dell’ordine, il buon senso torna ad imporsi. La stampa è inesorabilmente out, ma questo appare un dettaglio: al tempo di Mastella un po tutti ci si adegua alla insana abitudine di evitare che qualcuno armato di carta e penna o di microfono e telecamera possa assistere a ciò di cui è opportuno negare la presenza icto oculi. Si cita un regolamento ancora in fieri, quasi una foglia di fico, ma la sostanza è che i giornalisti non hanno cittadinanza in quella stanza.
Tornando a bomba, i 30 consiglieri con 23 voti a favore e 5 astenuti, tra cui il sindaco dem di Apice Pepe, approvano la formula 49/51% della futura gestione del servizio idrico e per Forgione si è nel solco della legittimità. Il sindaco di Solopaca entra nel dettaglio: “Correggo qualche imprecisione. Le percentuali prevedono che la soglia del privato non possa scendere al di sotto della soglia del 30% ma nulla ci vieta che il parametro possa essere anche 70 e 30, sempre a vantaggio della sfera pubblica”. Forgione, quindi, contesta la rigidità dei numeri, polemizza con il comitato e afferma che la gestione resta in mano pubblica. “Nessuno sta privatizzando nulla ma ci avvarremo del know how di chi sa come fare gli interessi della collettività”, dice il sinsdaco di Apice Pepe che si è astenuto. Un’astensione che deriva dalle perplessità circa la definizione a priori delle decisioni, senza molta concertazione, secondo Angelo Pepe, che fa riferimento ad una scarsa opera di sensibilizzazione nei confronti dei sindaci più ostili al modello intrapreso, sindaci che hanno firmato un documento comune di totale dissenso nei confronti di quanto stabilito dal neonato coordinamento.
Posizioni inconciliabili. Il comitato e i suoi sostenitori, sostiene che i privati mirano al controllo vero della risorsa idrica e che la predominanza della mano pubblica è solo uno specchietto per le allodole perchè dietro c’è il profitto che le multinazionali mirano a sviluppare sul bene più prezioso che esista. Di questo avviso è Padre Zanotelli. “Il problema è che stiamo vendendo il bene più essenziale che abbiamo e tra vent’anni avremo meno 50% di risorse idriche e la proispettiva che le guerre del futuro avranno l’acqua come motivazione di base. E’ assurdo che la si consegni in mano ai privati, un vero crimine nei confronti dell’umanità”. Zanotelli è tranchant e critica l’assenza di parroci in piazza. “Io ringrazio i vescovi ma il messaggio deve passare nelle comunità cristiane, le parrocchie che oggi non si vedono e si deve far proprio il grido di dolore di Papa Francesco che su taluni argomenti incita a fare chiasso, a farsi sentire forte, scendere in piazza; il silenzio diventa complice di questo sistema.” Passione civile, fronti contrapposti, cittadinanza attiva, politica che persegue un suo scopo che vedremo se alla fine andrà in direzione di una salvaguardia del bene in assoluto più prezioso. Per taluni è così, per talaltri è l’anticamera dell’ennesima mercificazione che si prospetta tra le più inaccettabili. L’acqua come merce è un abominio e il capitalismo selvaggio che sembra essere entrato nella sua fase più terribile punta a fare profitti, business. E i referendum restano spesso monadi senza significato.