Fausto Pepe ed Antonella Pepe. Un tempo non molto lontano assai vicini, ora irrimediabilmente contrapposti. Fu la non contendibilità di Fausto, così pare la pensasse Antonella e non solo lei, alla corsa per le amministrative recenti a determinare il distacco. Fausto ci rimase molto male e da allora vive una condizione che si potrebbe definire di attesa e in questa attesa di non si sa bene quale alba futura, qualcuno sostiene la tanto ambita carica di consigliere regionale quando sarà, galleggia tra i decariani non sentendosene tale ma standoci. E’ il vicesegretario provinciale vicario, sulla cui effettiva consistenza s’avanzano parecchie domande ma tant’è, ma è soprattutto uno dei maggiori esempi di come il notabilato sappia essere truce e non stiamo qui a ricordare il secondo quinquennio suo a Palazzo Mosti. Oggi i tempi sono cambiati e Fausto, di cui chi scrive è spesso accusato di dare spazio oltre ogni ragionevole misura, è dalla parte di Umberto e quindi della maggioranza del partito. Addirittura, il Dottor Faust ti riporta alla memoria Juan Domingo che governò con piglio da caudillo e bandiera rossa in mano l’Argentina ma l’accostamento è paradigmatico. Egli scrive analizzando le ultime affermazioni di alcuni autorevoli personaggi nazionali del PD, Provenzano in particolare, con punte di tagliente ironia.
“È davvero strano, anzi stucchevole, che dirigenti nazionali del Partito Democratico, in un momento talmente difficile per il Paese, e per lo stesso partito, trovino il tempo e l’interesse di occuparsi unicamente della Federazione di Benevento. Tra gli altri, anche Provenzano offre solidarietà ad Antonella Pepe ed è naturale che sia così essendo stato tra i suoi sponsor.
Ciò che lascia basiti è la costante omissione di una indefettibile premessa: l’assemblea Provinciale, costituita da donne e uomini liberi della nostra provincia, all’unanimità ed anche con il voto della Pepe, avevano designato altro candidato. Aggiungo, di ben altro radicamento sociale e territoriale.
Capovolgere la verità con tanta cinica disinvoltura ed affermare che le libere, consapevoli e responsabili scelte di un’intera Federazione rappresentino il paradigma di ciò che NON deve essere il rifondato Partito Democratico rappresenta una modesta operazione di marketing comunicativo.
Se le Federazioni territoriali non hanno alcun diritto, se sono chiamate unicamente ad obbedire ciecamente alle volontà di pochi dirigenti centrali, allora siamo dinanzi ad un partito peronista senza Peron.
Quanto ai “capibastone” non so esattamente cosa significhi, io vivo a Benevento, ma Provenzano, che è siciliano, avrà la cortesia di spiegarcelo.”