L’atrio di Palazzo Paolo V ospita Antonella Pepe, reduce da un risultato insufficiente dal punto di vista dei numeri ma di certo interessante se lo si coglie dal versante meramente politico. Voti autoctoni, e su questo la Pepe batte parecchio come a volere demarcare uno spazio vitale dedecarianizzato e la questione assumerà, nel corso dei prossimi mesi, una certa qual centralità in ciò che sarà il PD adveniente. Assente il segretario Cacciano, presente, sia pure idealmente, il Capataz la cui figura ha lungamente aleggiato sulla conferenza stampa. Il suo impegno in questa tornata c’è stato eccome ma non in direzione dei candidati del suo partito ed anche questo non costituisce alcuna novità di sorta. Rebus sic stantibus dalla Pepe, oltre all’analisi prettamente numerica della sua performance, emerge il portato politico. Un Pd che dovrà leccarsi le ferite di una sconfitta palese ma che da questo punto in avanti avrà il compito irrimediabile di rifondare se stesso aprendo le porte a chi è disorientato, costituendo la casa politica di chi una casa politica stenta a riconoscerla.
Innegabilmemte la conferenza stampa ha finito per coinvolgere anche il convitato di pietra De Caro. Smilitarizzare il partito da contrapposizioni continue e dalle barricate erette in questi anni, fare del partito un luogo di confronto politico su basi paritarie. La Pepe non chiude ad alcuno e argomenta così la sua weltanshaung.
Le dichiarazioni nel servizio che segue
