L’ultima conferenza stampa l’aveva dedicata alla disamina della sconfitta elettorale dell’ottobre scorso alle amministrative. Non si può dire che Umberto Del Basso De Caro sia un abituè delle passerelle mediatiche che spesso rifugge come la peste. E tuttavia, la questione del PNRR e vieppiù della diga di Campolattaro lo appassionano davvero, retaggio della sua grande creatura che è l’Alta Capacità/Velocità Napoli Bari, opera per la quale il Governo ha stanziato tre miliardi di euro. E quindi è disposto anche a sottoporsi, indolente ma sapendo di esserlo, alle prammatiche interviste del dopo conferenza stampa e nelle quali fa presente il suo punto di vista, come sempre carte alla mano. Parte dal PNRR, per cui tanto reo tempo si volse ieri in Consiglio comunale. “Sono molto preoccupato e ho il triste presentimento che l’Italia non riuscirà a spendere i 248 mld di euro, vuoi per i tempi strettissimi, dicembre 2026, e vuoi perchè le misure sono molto stringenti e una rimodulazione del Piano e degli obiettivi fondamentali non è certa. I ritardi mi preoccupano e molto”. Dal PNRR alla questione diga il passo è breve. Un progetto svincolato dalle operazioni legate alla crisi pandemica ma che trova in se elementi di congiunzione. 500 mln di euro che prevedono il soddisfacimento delle ataviche esigenze di carattere irriguo che assillano da sempre i territori del Sannio. Il timore è quello che la vastità del progetto tagli fuori sostanzialmente proprio il Sannio a vantaggio di altre destinazioni. Qui De Caro puntualizza. “C’è un convitato di pietra che molti fingono di ignorare, il commissario di Governo” e in questo novero c’è anche il vicepresidente della giunta regionale Bonavitacola, fieramente avverso alla cosa, che in una recente intervista a noi di Lab ebbe a dire di avere ricevuto assicurazioni dal Governo che Toscano, il commissario nominato da Draghi, avrebbe affiancato la Regione non esautorandola dalle decisioni. “L’opera è commissariata e Toscano deve aggiornare Presidente del Consiglio e Parlamento con una relazione semestrale sul cronoprogramma dell’opera e non mi sembra argomento di poco conto” ricorda De Caro. Che allarga il campo del dibattito. Non c’è solo la questione delle ricadute sul nostro territorio degli indubbi proventi di questa operazione ma l’utilizzazione dell’invaso stesso. ” Abbiamo davanti a noi una duplice funzione della diga, irrigua e umana, nel senso della potabilizzazione, ma ve ne potrebbe essere anche una terza: quella idroelettrica, che cade in un momento di estrema emergenza energetica per via del conflitto in Ucraina. Importiamo dalla Russia il 45% dell’approvvigionamento pagando a quel paese un miliardo e settecento mln di euro al giorno” richiama De Caro, “ecco quindi la necessità di potenziare, una volta per tutte, il settore delle energie alternative visto che il gas proveniente da Algeria, Angola o Mozambico, paesi con i quali stiamo allacciando accordi, è liquido e da convertire con i gassificatori di cui siamo sprovvisti e che saranno disponibili tra non meno di cinque anni. Il problema è grosso, termina De Caro, perchè nei prossimi 5 anni si dovrà rimediare alla dipendenza dal gas russo altrimenti si rischia la paralisi dell’apparto produttivo ed un drastico ridimensionamento dello stile di vita della nostra società”.