Non è la prima volta che Mastella assurge alle ribalte che contano per qualcosa di cui sarebbe meglio mantenere un profilo basso. Successe all’epoca delle dimissioni, poi ritirate, quando alla stampa nazionale dichiarò che si era dovuto dimettere per arginare la fame di taluni che lo avevano cinto d’assedio per la continua e incessante richiesta di prebende e di tornaconti. Senza mai dire chi fossero, tornò sui suoi passi nel momento più critico della sua presenza a Via Annunziata. Il covid gli offrì l’opportunità di “distrarre” l’opinione pubblica per cui di quei fagocitatori di piaceri non se ne seppe più nulla ma qualcuno resta ancora in circolazione e mastica amarissimo per non avere ottenuto quanto desiderato. Chi è? Nessuno deve sapere, così come nessuno sa chi erano gli arraffa arraffa e i succhiaruote. Ora Mastella ha rivinto, pur assaporando il gusto amaro di un paio di settimane da non rivivere; avesse perso Benevento addio sogni di gloria…La vittoria è un tonificante formidabile, gli ha restituito la verve dei giorni migliori quel tagliente sarcasmo verso gli sconfitti che non si addice alla magnanimità del vincitore. Ed essendo o ritenendo di essere troppo grande per una piazza di provincia che lui ha reso città ha subito preso a pensare al nuovo partito da fondare e non perchè il Paese ne senta un gran bisogno ma per sentirsi lui ancora in sintonia col Paese. Lo si è visto bazzicare le tv nazionali e le bazzica ancora, al tempo dell’elezione del Capo dello Stato e ancor prima quando si trattò di salvare il Governo Conte, in entrambi i casi non ha inciso più di tanto. Ma a lui basta esserci e il fatto che venga blandito dai Mentana di turno gli conferisce iniezioni poderose e bruciori di popolarità di cui sofferse e tanto la mancanza negli anni cupi e bui delle indagini giudiziarie. Chi scrive lo ebbe ospite, al tempo non si faceva attendere troppo, in un programma del 2010 in una emittente che fu e lui venne e disse e si trattenne per continuare a dire a microfoni spenti, testimone Renato Parente. Mastella ha conosciuto l’onta dell’anonimato, i clientes sempre più radi e alla ricerca di un altro che surrogasse lui nell’immaginario collettivo del dispensatore di speranze e posti. E’ passato attraverso una stagione terribile dalla quale è uscito intonso ma provato e si stava preparando a vivere giorni di tranquillità e di buen retiro se non fosse stato che a qualcuno è venuto in mente di suggerirgli di candidarsi a sindaco di Benevento. Lui vince e a quel punto spazza via le angosce, pensa a riprendersi ciò che gli avrebbero impunemente sottratto, che è cosa umana e pure prevedibile, e poco cale che amministrare non sia la specialità della casa. Lui ha in mente ben altro: rifare il partito. Ci prova con l’Udeur nel 2017, ci riesce con Noi di Centro nel 2022. Rivince le elezioni e allora, nel giorno stesso del trionfo, annuncia che la sua è una dimensione metacittadina. Un partito per contribuire a fare un polo di centro e siccome ha culo da vendere finisce che la nuova legge elettorale proporzionale e con le preferenze gli calzerà a pennello. Ora, un uomo come lui, ministro più volte, sottosegretario, parlamentare in svariate legislature, leader di un partito mignon ma che ha tenuto per le palle più di un governo volete che si faccia problemi a farsi annullare 150 multe? De minimis non curat praetor…e dai…Tuttavia, al di là della materia che davvero e purtroppo non imbarazza più nessuno, immaginatevi se scalfisce l’indolenza italica la velocità e gli odiosi autovelox, resta l’atteggiamento del sindaco che, francamente, desta un tantinello di sconcerto e pure un briciolo di indignazione. Consci che tutto questo si trasformerà in un ulteriore bagno di folla per lui, non gli sarà sembrato vero che le Iene erano li per quello, restiamo attoniti dinanzi alle sue dichiarazioni e che cioè, in soldoni, la responsabilità è di chi guidava e non la sua che dormiva e se pure era desto non avendo la patente non poteva incidere sul “pieveloce” dell’incauto conducente. Mastella e come lui una infinità di potenti o sedicenti tali, è convinto di possedere il diritto alla “insidacabilità”, forte del voto popolare che gli conferisce l’autorità o per meglio dire l’arbitrio di agire senza subire giudizio alcuno e se qualcuno glielo fa notare egli se ne rizzela e con lui la corte dei miracoli che lo attornia orante. Dispiace e per molti versi sorprende che uno come lui, da decenni a rappresentare le istituzioni ai massimi livelli, motivo per il quale è davvero titolare di almeno cinque o sei pagine di storia patria, in qualche caso non le più fulgide, cada in queste derive populiste che si contestavano a Berlusconi ma che non appartengono solo a Berlusconi, a quanto pare. E’ nel dna tipico degli italioti tenutari di un qualsivoglia potere, agire in dispregio del controllo di legittimità che stampa, quando accade, e opinione pubblica, quando c’è, dovrebbero esercitare in funzione permanente effettiva. E dato che ciò accade di rado, quando succede genera un sentimento di italianissima simpatia nel furbacchione di turno e di malcelato fastidio per chi solleva le questioni. Tutti vorremmo essere il Gasmann del Sorpasso, o il De Sica del Vigile, diciamocela tutta, e quasi tutti siamo italiani professionisti per cui non resta che chiudere con Massimo Troisi che seduto accanto al folle nel Ricomincio da Tre lo esorta ad andare piano…e probabilmente nemmeno lui aveva la patente.