La cosa che balza all’occhio in tutta questa vicenda delle dimissioni di Mastella è il capovolgimento completo della prassi legata a qualsivoglia riferimento a crisi di natura politica vissute fino ad ora in città. Questo passaggio rappresenta un unicum, la cronistoria di questi venti giorni, da cui è lecito ancora attendersi il colpo a sorpresa, ci restituisce l’istrionicità “dell’uomo solo al comando”, la sua capacità di imporsi ad una platea metacittadina nei confronti della quale esportare la sua fisicità di Gulliver al cospetto dei lillipuziani, cui ha ridotto interlocutori e comprimari, stampa locale compresa. La crisi che ha aperto il 2 febbraio non ha riferimenti nella storia recente della città. Lui, Gulliver, l’ha dichiarata a mezzo stampa, quella nazionale in primis, attraverso una salve di insulti all’indirizzo della sua maggioranza, classificata nella maniera che sappiamo. L’irritualità della decisione è maturata senza passare da un voto di sfiducia in aula, senza essere provocata da una mozione proditoria o da una fronda che si riunisce dinanzi ad un notaio, come capitò a Fausto Pepe nel 2011. Mastella ha preso in contropiede gli arraffoni, parole sue, decidendo di sottrarsi alle pressioni intollerabili che ne ledevano la maestà, agendo al di fuori delle liturgie canoniche che da un democristiano ortodosso come lui mai ci si sarebbe aspettato. Apre una crisi in assenza delle motivazioni classiche che ne autorizzano l’iter, accusa larga parte dei suoi e degli associati di accattonaggio, di impedirgli di governare ma a molti dei “petenti” ha concesso di organizzarsi in gruppi al di fuori delle sue due liste che lo hanno condotto alla vittoria al ballottaggio nel 2016: ha finito per generare attriti interni alla lunga insostenibili e appetiti mai appagati.
La sua reazione, di pancia, che poi si può tradurre in antipolitica o in assenza di politica, ha lasciato quasi indifferenti i suoi interlocutori, che dinanzi all’insulto, piuttosto di rizzelarsi per gli epiteti subiti hanno preso a ricercare la possibilità di evitare lo scioglimento della consiliatura. Pics e bandi periferie rappresentano tanta roba, la loro gestione vale il disprezzo ceppalonico e d’altra parte lo ha ricordato la nota di Forza Italia, che nell’impeto di chiedere il ritiro delle dimisioni a Mastella ha richiamato all’attenzione l’imminente arrivo dei 100 milioni di finanziamenti “per la realizzazione delle opere che cambieranno il volto della città e che richiedono senso di responsabilità da parte di ogni singolo consigliere”. La inamovibilità delle berze consiliari sta proprio in questo: gestire la messe di quattrini che, inequivocabilmente, non si vuol lasciare ad altri in caso di nuove elezioni. Mastella sarebbe stato dell’avviso di fotterli tutti ma si è accorto di non potere estremizzare la crisi e allora ha cercato e sta cercando di trovare appigli per proseguire, S’ALTRI NOL NIEGA”. Col PD, ma pare che non gli sia andata bene, e allora dovrà, giocoforza, scendere a patti con gli stessi che ha insultato e già Mosè Principe, che gli ha chiesto un accordo politico che poi si traduce in un do ut des anche se lui nega recisamente, ha deciso che in assenza di “buona volontà” passerà all’opposizione. Insomma, i lillipuziani hanno tenaglie forti per legare gli attributi di Gulliver ma il Gigante è sempre nelle condizioni di sferrare il colpo decisivo. Cosa caccerà fuori dal cilindro? Non ci resta che attendere dopodomani.