La vicenda De Pierro polarizza l’attenzione politica di queste ore. Chiamando il PD ad un redde rationem su prospettive e strategie e ponendo la sua personale caratura al servizio di una palingenesi complessiva, De Pierro lancia segnali nel momento del tramonto della stagione del pensiero unico di matrice decariana. De Pierro chiede all’area di sinistra di non emulare il dirigismo del cerchio magico anche se lui stesso ne è un prodotto; è espressione dell’ecumenismo umbertino, quella esigenza di allargare gli orizzonti sulla base del consenso e dei numeri di cui il capogruppo è ancora portatore. Lancia segnali a Del Vecchio e immagina che dall’altra parte vi sia risposta, ma resta ancorato alla Casa Madre e alla mozione Martina, cha appare vincente in Campania, laddove gli eventuali interlocutori chiederebbero maggiore coraggio e incisività nelle scelte. Esclude virate “apud mastellam” perchè non interessato a poltrone, ma dinanzi a prospettive invitanti non si sa fino a che punto sarebbe immaginabile un diniego. De Pierro, in sostanza, sposa in pieno la stagione attuale fatta di indecisioni, tentativi, riposizionamenti epperò pone interrogativi improcrastinabili venandoli certo di ambizioni personali, anche legittime. E tuttavia, c’è da dire che l’operazione delvecchiana, quella cioè di creare un habitat, un’area di riferimento per una sinistra che guardi ancor più a sinistra, non sembra procedere in quella direzione. Pietra miliare, allora, è il congresso, c’è chi giura anche le primarie, dal quale scaturirà molto dell’orizzonte ottico del partito, dal quale non si può non tenere in considerazione De Caro e i suoi uomini, ancora maggioritari nel PD.
