(alca) – È inutile girarci intorno, il primo dato di queste elezioni comunali è chiaro e palpabile, visibile direi: se si votasse 3 volte all’anno Avellino sarebbe un’altra città. Bella, pulita, ordinata, vivibile e con uno standard di servizi assolutamente dignitoso. Insomma, molto meglio di quello che è abitualmente.
Proprio in questi giorni corso Vittorio Emanuele, quello che per definizione è il salotto buono della città, ha assunto un nuovo volto, l’arredo urbano è stato quasi completato e, davanti ad un bar, è spuntato anche il primo di una serie di dehors che saranno tutti armonizzati tra loro e rispetto al contesto architettonico. Un sogno per queste latitudini… Niente più mausolei di marmo e funghi metallici (altrimenti soprannominati docce all’aperto) che infestavano la strada dello shopping avellinese atteggiandosi a gazebo, più cestini per i rifiuti e persino pattumiere speciali per la puppù degli amici a quattro zampe.
Ma non è tutto, addirittura è stata tagliata l’erba nei quartieri – non proprio in tutti ma nella maggior parte – nei parchi, nelle aree a verde attrezzato e in villa comunale. Anche la pulizia appare aver marcato una presenza più assidua, come non si registrava da tempo. Mentre ci si appresta ad inaugurare la Bonatti, una tangenziale e(s)terna di 5 chilometri per collegare rapidamente Avellino al nucleo industriale e ad Atripalda che, in proporzione, è durata quanto la Salerno-Reggio Calabria. Ma ora anch’essa è terminata.
Insomma, a fine consiliatura, l’amministrazione uscente, miracolo dei miracoli, è riuscita a dare ad Avellino un’immagine onorevole di decoro urbano che, vuoi per la carenza dei fondi vuoi per una perenne disorganizzazione, non si era mai vista da alcuni anni a questa parte.
Ma tant’è. Un ciclone della stessa potenza di 10 Giri d’Italia messi insieme si è abbattuto sulla città, trasformandone molti tratti in maniera positiva. Qualche avellinese che vive fuori, emigrato a suo tempo per lavoro e tornato qui in questi giorni come ogni estate per venire a trovare i parenti, quasi non aveva riconosciuto più il capoluogo irpino. O meglio, non credeva fosse arrivato alla giusta destinazione. Inutile chiedere soccorso al navigatore, alla gente per strada, o rivolgersi al vigile urbano di turno, che pure si trova più facilmente ed è anche cortese… Ebbene sì, non c’era stato nessun errore sull’autostrada o all’uscita del casello, nessuna traslazione spazio-temporale da film di fantascienza né l’arrivo dei marziani. Era arrivato davvero ad Avellino.
Naturalmente molti problemi restano intatti. Qualche cantiere invasivo come quello del tunnel che, al posto di aprire il sottopasso da piazza Garibaldi a via Due Principati ha avuto prima il potere di blindare un intero quartiere, provocando la chiusura di una ventina di attività commerciali, poi, addirittura, quello di chiudere al traffico il Ponte della Ferriera, resta. Così come Piazza Castello è ancora sotto sequestro e la Dogana non è ancora stata del tutto liberata. E restano anche i problemi di uffici comunali a volte troppo lenti e di una trasparenza non sempre cristallina su procedure e decisioni che coinvolgono i singoli e la collettività.
Tutto sommato, però, quanto è stato fatto negli ultimi due o tre mesi, se si vanno ad analizzare anche le piccole cose, rappresenta un buon passo avanti. Non è la solita ripulitura superficiale che nasconde la polvere sotto al tappeto. Segno che qualcosa di più e di meglio si poteva fare sin dall’inizio, evitando quel senso di abbandono che ha pervaso il capoluogo per tutto il mandato elettorale.
Ma ciò è valido fino a un certo punto. Fino al confine con alcuni dei quartieri periferici, come Quattrograne o Valle, dove quest’aria di restyling non si respira. Lì i problemi dei prefabbricati pesanti in disarmo, degli alloggi popolari con infiltrazioni e tetti d’amianto, degli spazi verdi diventati jungle inaccessibili e ricovero solo di ratti e serpenti, restano immutati nel tempo. Niente li smuoverà, forse fino alle prossime elezioni quando saranno oggetto del solito baratto per un consenso “estorto” e non chiesto ai residenti su programmi o risultati già acquisiti.
Così come sullo sfondo restano tali e quali le problematiche causate da politiche sociali in questi anni completamente assenti che hanno portato ad allungare le distanze all’interno della stessa comunità avellinese, dove povertà e mancanza di integrazione la fanno da padrona.
Su questi temi molto forte è stata la denuncia del segretario della Cgil, Franco Fiordellisi, che ha parlato di una palude politica, dove, a fronte delle difficoltà economiche di tante famiglie restano a galla i fautori di promesse di lavoro, quasi sempre precario, e un clientelismo imperante. Il suo appello alla necessità di voltare pagina, a partire da un moto dei cittadini, però, difficilmente sarà ascoltato.
Nel primo turno le condizioni c’erano tutte, eppure non si è verificato alcun cambio di rotta. Chi è andato a votare aveva la possibilità di scegliere tra 18 liste, oltre 500 candidati e 8 proposte programmatiche diverse e di diverso colore politico. Nonostante ciò l’elettorato avellinese ha preferito confermare buona parte dei consiglieri uscenti e riproporre molti volti conosciuti, magari rimasti in caldo ai box. Avellino è rimasta ancorata a certe logiche e a quelle dinamiche che da più parti vengono criticate in privato per poi essere premiate nel chiuso della cabina elettorale.
Quasi come se ci fosse un timore di modificare lo status quo e la sua gestione ordinaria. Del resto, a nulla vale incassare l’ingresso di qualche nuovo interprete se la gestione della cosa pubblica sarà sempre orchestrata dai soliti noti.
Che dire, quindi, a chi è stato già eletto consigliere, a chi lo sarà domenica e soprattutto a chi sarà il prossimo sindaco di Avellino… A tutti va la richiesta di un impegno al di là di ogni ostacolo, da profondere con onestà e l’interesse comune quale unico obiettivo finale. Ma, soprattutto, a tutti loro va l’augurio di trovare il coraggio di cambiare metodo e impostazione del lavoro una volta insediati in Municipio. Un cambiamento radicale che implichi un passaggio culturale da un tipo di politica ancorata al passato e ai suoi protagonisti verso quella che dovrà essere, senza se e senza ma, una nuova stagione. Una stagione che segni traguardi importanti e faccia uscire dal guado così ben illustrato dal segretario Fiordellisi la città e i suoi abitanti.
Ad maiora!