Quel metabolismo tanto atteso e cioè la presa di coscienza che a Benevento si è perso, pare si sia compiuto nella mente e nelle emozioni di Umberto Del Basso De Caro. Si tratta, ovviamente, di una considerazione politica perchè antropologicamente il disprezzo di Umberto resta intatto e forse è aumentato nel corso di questi 365 giorni. Mastella resta il paesanotto che si impone in città e per uno come Umberto tutto questo è inaccettabile. Ma è la “quaestio” politica che interessa. Nel corso del suo soliloquio, durato un’oretta scarsa, De Caro ha voluto sancire questo avvenuto metabolismo: “chi vince ha diritto a governare e noi abbiamo perso. Ergo ci tocca fare una opposizione seria sui programmi e sulle idee, se è possibile evitando le urla, ma ognuno poi si comporta come crede”. Un chiaro monito alla rappresentanza consiliare, una indicazione che suona come una chiamata alle armi. Per la prima volta dopo la debalce di un anno fa Umberto parla, per esempio, della segreteria cittadina del suo partito. Aveva promesso che non se ne sarebbe più occupato, invelenito dalla pochezza di quel consesso, e per tutto questo tempo aveva applicato alla lettera Epicuro, quel suo “stare in disparte” dalle passioni aveva raggelato una parte decisionale del partito che si era sentita investita della responsabilità più grande per la sconfitta del 2016. Nel suo nuovo corso, che porterà dritto dritto alle Politiche dell’anno entrante, Umberto ha l’esigenza di fare quadrato e quindi non può permettersi il lusso di lasciare qualcuno per strada. “Riaggregare il consenso e ricondurre col ragionamento e con le idee chi si sente lontano dal partito dentro al PD”.
Il che passa anche attraverso una palingenesi strutturale che preveda un allentamento di quel decarianismo duro e puro che invece ha condotto all’esatto contrario, concentrando nel cerchio magico gli oranti ed isolando quei pochi che pur ci sono e che esprimono un dissenso che per ora è men che minoritario. Umberto ha bisogno di consenso per puntellare la propria leadership e fare cassa per la sua permanenza a Roma che ora come ora non appare poi così scontata. O meglio, non è scontato che riesca ad imporsi come capolista, fermo restando che si tornerà alle urne con due sistemi diversi per Camera e Senato, Italicum e Consultellum. Per questo, oltre ad essersi praticamente insediato in Irpinia, pare, si stia muovendo a fari spenti guardando, per esempio, a quelle formazioni a sinistra del suo partito dal quale trae qualche segnale non proprio incoraggiante. E se di Renzi è bene fidarsi ma non farlo è certamente meglio eccolo adoperarsi per comprendere cosa è bene per la sua causa. Il suo rapporto con D’Alema non è mai venuto meno e i contatti con MDP pure, ma rumors provenienti da quegli ambienti fanno intendere che non si arriverà a nulla di effettivo anche perchè gli si chiederebbe una mossa plateale ed una palese scelta di campo che ora Umberto non può fare. E allora l’unica via è quella dell’impegno diuturno a caccia di quelle 30mila preferenze che servono per raggiungere l’obiettivo. Il tempo è tiranno ma da ora e per i prossimi 7 mesi la road map è segnata e tutti sono chiamati al 101% delle proprie capacità.