Sta montando in città un caso di presunto voto di scambio che vede protagonista l’Udc e più segnatamente Oberdan Picucci, attuale assessore alla Cultura del Comune. Tutto parte dalla denuncia presentata da Donatella Parente, una professionista beneventana che si è candidata con lo scudocrociato alle ultime amministrative. Il Fatto Quotidiano riporta lo schema secondo il quale si sarebbe verificato questo presunto nuovo episodio di malapolitica: “1.500 euro per un pacchetto di 30 voti, 7.500 euro per un servizio completo: 30 voti di altrettanti rappresentanti di lista, assoldati non solo per esprimere la preferenza ma anche per presidiare il seggio elettorale”, recita il testo. La Parente denuncia sia Picucci che il tesoriere Salierno che però dicono di non saperne assolutamente nulla. Nei confronti dell’assessore non c’è alcun fascicolo aperto come conferma lo stesso Picucci.
Una vicenda che presenta lati ambigui. A partire dalla tempistica della denuncia e cioè un mese dopo le elezioni, a fine giugno. Perchè la Parente non denunciò subito ciò che avrebbe considerato come un taglieggiamento? Una risposta potrebbe risiedere nella reazione della Parente dinanzi alla consapevolezza di non rientrare nel novero degli eletti; ne in quello degli assessori e da qui la decisione di aprire il fronte della mediaticità. Secondo i bene informati la professionista, in buoni rapporti con Lady Sandra, avrebbe nutrito qualche velleità all’indomani della revoca di Amina Ingaldi. Poi Mastella avrebbe scelto la Delcogliano deludendo le aspettative della Parente. Di qui la furibonda reazione. Supposizioni, ovviamente, che saranno dipanate dall’inchiesta che accerterà le presunte responsabilità compreso la fuga di notizie su cui lo stesso Picucci annuncia di volerne chiedere conto.