BENEVENTO- Città Spettacolo, un falso ideologico. E’ lapidario il giudizio di Pasquale Viespoli che attraverso Mezzogiorno Nazionale non risparmia critiche nei confronti di un evento che “sotto la sigla poco o niente richiama a quella che per quasi un quarantennio è stata una rassegna teatrale di rilevanza nazionale”. Viespoli però fa un’analisi più ampia: non solo questa edizione ma “gli ultimi anni sono stati gli anni del declino cui la nuova amministrazione ha deciso di dare il colpo di grazia”. “Città Spettacolo andava sicuramente rilanciata”, scrive l’ex sindaco, “ma preservandone l’originalità e l’identità. Ed è invece è stata svuotata di senso e di significato. Utilizzarne la sigla, per poi farne altro, rasenta il falso ideologico”. Viespoli allarga l’orizzonte. Accusa certa stampa di favorire il battage attorno ad una manifestazione che smarrisce la parola teatro dal suo racconto ma non lesina critiche anche nei confronti di un certo appiattimento su posizioni di osservanza acritica nei confronti di ciò che chiama “pensiero unico omologante” che, sostiene, è ancora più grave dell’autoreferenzialità o dell’arroganza di chi governa. “Città Spettacolo, per decenni, ha scatenato polemiche e confronti aspri”, prosegue sferzante Viespoli, “ha stimolato passioni e contrapposizioni, anche in relazione alle risorse pubbliche utilizzate. L’obiettivo era l’originalità e l’inscindibilità col territorio. Esattamente l’inverso della ripetitività e dell’omologazione. Come accade tra Cotto e Crudo, con iniziative e concerti che si svolgono ovunque, in ogni città o paese. Basta pagare il cachet. E se il problema è quello dei numeri, il rischio è di perdere il confronto persino con l’ultima sagra di fine stagione”.