La sensazione è quella del silenzio dopo una battaglia campale. Sul campo i reduci, ma non si riesce a capire chi siano i vincitori e chi invece i vinti. Si può dire che nessuno sia uscito bene dalla serata di ieri. Perdono tutti e perde il centrosinistra, stando alle parole filtrate dalle spesse porte della federazione provinciale sagacemente chiuse, ma non troppo, alle orecchie della stampa. La proposta della maggioranza dem, dell’unico listone forte, anzi fortissimo, non aveva alcuna ambizione di tacitare gli animi rappresentando solo una ulteriore prova muscolare nei confronti della minoranza del sindaco. L’accoglimento della richiesta lealpepista, d’altra parte, sarebbe stata una sorta di sconfessione di un quinquennio di ostilità che De Caro non avrebbe potuto e vieppiù voluto sedare per nessuna ragione al mondo. Lo scontro resta di natura antropologica tra due soggetti che come in preda ad un “cupio dissolvi” si immolano pur di proseguire la schermaglia. Tra i lealisti serpeggia il sospetto ma potremmo anche dire la certezza che la proposta, per loro irricevibile, sia in verità l’indicazione dell’uscio, una sorta di invito alla diserzione, una istigazione ad osare fino alle estreme conseguenze. E allora cosa potrebbe accadere? Domanda dalle cento pistole ma si potrebbero porre innanzi due possibilità: la prima è che i lealisti, seguendo la scelta di Bassolino a Napoli, decidano di andare per proprio conto al primo turno candidando un loro esponente. La seconda è conseguenza della prima e cioè che la presenza di Pepe a Palazzo Mosti abbia poi le ore contate: mai De Caro permetterà che il sindaco faccia campagna elettorale dalla sua scrivania settecentesca del palazzo di città. Per Fausto, quindi, si tratterà di passare da una prova all’altra. Dalle primarie alle elezioni vere e proprie ma con lo stesso scopo: contarsi e valutare la sua forza in vista dell’eventuale ballottaggio. Non farà la scelta mastelliana, almeno in questo momento, perchè l’elettorato non lo capirebbe ed anche perchè la sua più grande impresa politica fu proprio lo scisma del 2009 proprio da Mastella, la mossa che lo trasformò da peone a soggetto politico di rango. La speranza sua è quella di rappresentare un consenso tale che lo ponga come ago della bilancia, a prescindere dagli attori presenti sulla scena, e che ai tavoli negoziali questo peso possa sortire vantaggi in termini di rappresentanza e di visibilità. E’ un azzardo, certo, o meglio lo sarebbe, ma in questo momento della personale sua parabola politica lo scenario assume connotati di verosimiglianza sempre che i fatti, come capita spesso, non sovvertano le supposizioni.