“S’ode a destra uno squillo di tromba a sinistra risponde uno squillo”. Forse scomodare Manzoni e il Conte di Carmagnola è un po troppo per raccontare la politica beneventana di questi tempi ma tant’è. Il bello è che a destra parlare di squilli di tromba è esagerato, più calzante la seconda parte del verso, lo squillo a sinistra. Perchè a rompere il monotematico tormentone politico del Pd ci ha pensato Pasquale Viespoli che a fasi alterne riunisce la stampa per affermare la sua weltanshauung che è quasi sempre la stessa da un po di anni a questa parte. Il suo linguaggio politico è come sempre forbito, suadente rispetto al pressapochismo dell’attuale facondia politica, ma sono i contenuti che lasciano perplessi. E ci spieghiamo. Al tirar delle somme Pasquale vanta non poche responsabilità nel disfacimento politico della destra beneventana. Negli anni suoi romani, al di la della involuzione politica, l’accompagnamento alla crescita di nuova classe dirigente non è stata tra le attività principali dell’ex sindaco. Non è giustificabile defilarsi sostenendo di avere concesso ai delfini, più o meno designati, incarichi di governo o sottogoverno cittadino. Garantire la continuità sarebbe equivalso ad aiutare la formazione di nuove individualità, di sezioni di partito, quando il partito era ancora presente, insomma la prosecuzione della specie. Cosa che non è avvenuta. E così ad oggi il nuovo che avanza a destra è garantito da due ultrasessantenni e dalla De Girolamo. Lo stesso Orlando, evocato da Viespoli, anagraficamente sopravanza il suo mentore e sia pur lusingato difficilmente si imbarcherà sul vascello elettorale, sempre ammesso che gli verrà fatta una proposta precisa allo stato attuale assai embrionale. L’altro che sovviene è Nicola Boccalone ma le vele dell’ex direttore del Rummo volgono su sponde antitetiche, fanno rotta su Largo Guerrazzi…di Luca Ricciardi si sono perse le tracce, politicamente si intende, e si fa una dannata fatica ad andare oltre i nomi classici delle seconde linee anche perchè le terze non esistono. Se di colpa storica si può parlare è proprio quella di uno smisurato solipsismo che fa capolino anche oggi, a distanza di un quinquennio dall’esperienza del Pit che l’ex parlamentare difende con ardore e che sia pure con tutte le giustificazioni del caso e al netto degli errori di valutazione resta un fallimento politico, onorevole ma poco più.