Con il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero della Giustizia del 12 novembre scorso è stato definito il quadro relativo sia all’identificazione dei professionisti qualificati che alle attività da svolgere per la certificazione del Tax control framework (Tcf): la certificazione che risulterà necessaria sia per accedere al regime di adempimento collaborativo, sia per adottare il cosiddetto “Tcf opzionale” e, quindi, ottenerne i relativi vantaggi.
L’attività del certificatore sostituirà le attività istruttorie dell’Agenzia delle Entrate ai fini dell’ammissione e della successiva permanenza nel regime. Nuove prospettive importanti che sviluppano l’incarico finalizzato ad attestare l’adeguatezza del Tax control framework in termini di gestione affidabile della variabile fiscale.
Ad intervenire sulla tematica è l’esperto napoletano Umberto Pagano, commercialista e revisore contabile dello Studio Associato Ansaldi&Partners, che ha descritto le attività di gestione di variabile fiscale, seguendo alcune linee guida: “valutazione del rispetto dei principi di controllo definiti dallo standard internazionale; verifica della completezza del set documentale e della mappatura dei rischi fiscali in base alle Linee guida; identificazione dei processi dell’organizzazione in base ad analisi di materialità e significatività dei rischi fiscali collegati e analisi della mappatura di rischi e controlli riportati nella Matrice rischi e controlli fiscali, valutando l’adeguatezza del presidio dei rischi fiscali”.
La certificazione, in definitiva, è un’attività complessa, destinata a valutare l’idoneità del Tax control framework, che si “affianca” alle altre attività dei diversi livelli di controllo interno (Tax risk manager, dirigente preposto, compliance 231, Internal audit). Il certificatore deve acquisire adeguata documentazione che permetta di attestare tali requisiti.
Il professionista abilitato è tenuto ad attestare che il sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali del soggetto che ha richiesto la certificazione risponde ai requisiti legislativi ed è impostato in modo coerente con le Linee Guida che saranno emanate dall’Agenzia delle Entrate, fornendo una ragionevole certezza riguardo alla gestione consapevole e affidabile della variabile fiscale da parte dell’impresa.
Per le imprese soggette a direzione e coordinamento il professionista deve, inoltre, attestare che l’insieme delle regole, delle procedure e delle strutture organizzative volte a consentire l’identificazione, la misurazione, la gestione e il monitoraggio dei rischi fiscali, adottate dalla società che esercita attività di direzione e coordinamento, è applicato anche alla società soggetta a direzione e coordinamento e che è stata comunque predisposta, per quest’ultima, una specifica mappa dei rischi fiscali. “Nella certificazione andranno anche riportate eventuali carenze non significative, ai fini dell’affidabilità del sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali, riscontrate nel corso della procedura di certificazione, nonché l’indicazione delle azioni correttive da attuare”, rilancia l’esperto Umberto Pagano.
Ferma restando la durata triennale della certificazione, se nel periodo di validità si verificano modifiche organizzative da richiedere il complessivo aggiornamento del Tax control framework, dovrà essere richiesta una nuova certificazione.