Facilitare l’accesso al credito e sostenere gli investimenti. Rendere strutturali il credito di imposta nella Zes unica, riducendo la soglia minima di 200 mila euro, e la riforma del Fondo di garanzia per le Pmi, innalzando la soglia a 5 o 10 milioni. E poi, ancora: cumulabilità degli incentivi Transizione 5.0 con il credito d’imposta della Zes unica; credito d’imposta sulle spese relative ai basket bond, incentivi alla patrimonializzazione, agevolazioni incrementali e sgravi fiscali per le PMI delle aree interne.
Sono alcune delle proposte avanzate ai policy maker, con l’obiettivo di favorire la crescita delle piccole e medie imprese, che emergono dal “Rapporto Pmi Campania 2023” realizzato dal Centro studi e da Piccola Industria di Confindustria Campania in collaborazione con l’Università della Campania Luigi Vanvitelli e con il contributo di Abi.
Lo studio è stato presentato oggi all’Unione industriali di Napoli da Pasquale Lampugnale (presidente regionale e vicepresidente nazionale PI Confindustria) e Francesco izzo (Ordinario di Strategie e management dell’Innovazione presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli) nel corso di un incontro, coordinato dal direttore del Mattino Francesco De Core, al quale hanno partecipato anche Costanzo Jannotti Pecci (presidente f.f. di Confindustria Campania), Alessandro Fontana (direttore del Centro studi di Confindustria), Giovanni Sabatini (Direttore generale Abi) e Francesco Minotti (amministratore delegato di Mediocredito Centrale).
Pasquale Lampugnale, presidente regionale e vicepresidente nazionale PI Confindustria, ha affermato: “Le Pmi campane hanno bisogno di strumenti di sostegno agli investimenti, in particolare per affrontare sfide epocali come la transizione digitale e la sostenibilità. Le attuali condizioni di accesso al credito e alla finanza non favoriscono però gli investimenti, e senza questi ultimi si mette a rischio la competitività del Paese.
In attesa del possibile allentamento della stretta monetaria della BCE, che ha finora spiazzato la domanda di credito delle imprese e penalizzato soprattutto le Pmi, alle quali sono applicati in media tassi di interesse più elevati, occorre intervenire tempestivamente rafforzando le misure di accesso al credito e alla finanza alternativa da parte delle PMI, affiancandole agli altri incentivi essenziali ma da soli non sufficienti. E’ opportuno ad esempio rendere strutturale la già positiva riforma del Fondo di garanzia per le Pmi aumentando il sistema delle coperture e mantenendo ai massimi il sostegno agli investimenti”.
Francesco Minotti, AD di Mediocredito Centrale, ha dichiarato: “Viviamo in un contesto economico che va affrontato accelerando la doppia transizione digitale e sostenibile. Il Rapporto PMI Campania sottolinea il ruolo della politica economica nell’agevolare i cambiamenti e sostenere la crescita che nel 2023 si rivela più robusta di quanto previsto. Un ruolo che emerge con il Fondo di garanzia per le PMI, gestito da Mediocredito Centrale per conto del Ministero delle imprese e del Made in Italy. La Campania nel 2023 risulta la terza regione per utilizzo di questo strumento per importo dei finanziamenti garantiti. Dopo l’esplosione delle domande che ha sostenuto la liquidità delle imprese nella fase emergenziale, il Fondo di garanzia si sta avviando a una nuova normalità che consolida, tra l’altro, il suo ruolo nel sostegno agli investimenti su tutto il territorio nazionale e nella stessa Campania”.
Giovanni Sabatini, Direttore generale Abi, ha aggiunto: “Il Rapporto Pmi Campania evidenzia l’impegno ed i buoni risultati conseguiti dalle imprese, nazionali e campane, nella gestione delle complessità indotte dall’incerto quadro congiunturale. Le banche operanti in Italia sono ogni giorno a fianco delle imprese offrendo una ampia gamma di soluzioni per realizzare gli ingenti investimenti necessari ad affrontare con successo le grandi sfide che abbiamo di fronte, come quelle della transizione verso un’economia più sostenibile e della trasformazione digitale. Le banche sono partner delle imprese anche per facilitarne l’accesso al mercato dei capitali con strumenti come i minibond e i basket bond, risultati particolarmente utilizzati anche dalle imprese campane”.
Il rapporto evidenzia come, in un contesto di rallentamento dell’economia italiana ed europea, restino evidenti forti elementi di incertezza che rendono lo scenario ormai strutturalmente instabile. Negli ultimi anni il Sud ha continuato in ogni caso la sua crescita, compensando le perdite del 2020. La crescita è guidata da servizi e costruzioni, mentre l’industria contribuisce in misura minore. Anche la Campania nel 2023 continua a crescere, ma con velocità minore rispetto al biennio precedente, soprattutto a causa del calo dei consumi delle famiglie. Le previsioni 2024 e 2025 indicano un leggero recupero grazie all’impatto degli investimenti del PNRR. A destare preoccupazione sono gli alti tassi di povertà, aggravati da occupazione precaria e bassa intensità di lavoro.
Il contesto presenta sfide significative tanto per l’Italia quanto per la Campania. Il disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario avrà implicazioni significative sul governo e sull’organizzazione delle politiche regionali. Sul fronte degli investimenti pubblici, si allarga lo scostamento tra spesa effettiva e spesa attesa del PNRR.
La situazione economica della regione è complessivamente positiva, con segnali di miglioramento nella performance e nella solidità finanziaria. Restano, in termini di criticità da affrontare, la dipendenza da fonti di finanziamento esterne a breve termine e la limitata propensione agli investimenti in attività immateriali.
A fornire un’analisi della situazione bancaria in Campania è l’Abi, che nel Rapporto evidenzia come il rischio di credito delle imprese sia leggermente cresciuto, pur rimanendo inferiore ai livelli pre-crisi finanziaria, e comunque superiore alla media nazionale. Il costo del credito per le imprese campane resta maggiore della media nazionale, mentre il loro rapporto fra crediti deteriorati e totale crediti si è ridotto fino alla media nazionale.
I flussi di esportazione consentono di valutare la competitività del sistema industriale regionale: le tendenze del 2023 sono positive, mantenendo lo slancio positivo degli anni precedenti. Nei primi nove mesi del 2023 (non considerando dunque gli eventi e i conflitti dell’ultimo trimestre a Gaza e nel Mar Rosso, che hanno rallentato i flussi commerciali internazionali) le esportazioni regionali hanno registrato un aumento significativo del 27,3% rispetto allo stesso periodo del 2022.
Napoli ha trainato questa crescita (+47%) segnando un secondo anno di espansione dopo il +28,9% registrato nei primi nove mesi del 2022. Il saldo della bilancia commerciale regionale è passato da -3,3 miliardi nel 2022 a +1,6 mld nel 2023. Resta da valutare, in settori come beni alimentari e l’import di prodotti tessili per la moda, quale sarà l’impatto nei prossimi mesi della crisi medio-orientale.
Il settore farmaceutico ha la performance più brillante (+113,5% rispetto al 2022), seguito da mezzi di trasporto (+48,3%), elettronica (+30%) e apparecchi elettrici (+18,7). L’Europa resta il principale mercato di sbocco (70% del totale). Nei primi nove mesi del 2023, la Svizzera ha superato gli Usa come principale destinazione dell’export campano.
Il Rapporto illustra anche i risultati dell’indagine condotta sul grado di fiducia degli associati a Piccola Industria Confindustria Campania. Nonostante una leggera contrazione rispetto al 2022, i dati del 2023 sull’andamento del fatturato risultano positivi con il 41,5% delle imprese che ha registrato un aumento superiore al 10%. Il 77,9% delle imprese nel 2023 ha assunto personale, e il 75,4% prevede di farlo nel 2024. Le attese per l’anno in corso sono ottimistiche: nonostante l’incertezza diffusa e la complessità dello scenario generale, le imprese guardano al futuro con fiducia, puntando su innovazione, sostenibilità, ottimizzazione nell’impiego delle risorse ed efficienza produttiva e diversificazione delle attività.
Del campione di imprese selezionate, il 12% sarà obbligato a rendicontare gli impatti ambientali, sociali ed economici secondo le regole della Corporate Sustainability Reporting Directive, mentre il 15% già pubblica un bilancio di sostenibilità. Il 45% delle imprese ha inoltre relazioni con banche che applicano criteri ESG per la valutazione del merito di credito. Dall’analisi emerge come, alla luce delle trasformazioni in atto e del contesto turbolento, sia sempre più determinante il ruolo della politica economica e degli interventi di sostegno alle imprese per agevolare i cambiamenti e adattarsi alle nuove regole.
Come favorire dunque la crescita delle Pmi campane? Questi i principali interventi da realizzare, secondo gli autori del Rapporto: rendere strutturale il credito di imposta nella Zes unica riducendo la soglia minima di 200 mila euro; riformare il Fondo di garanzia per le PMI rendendo strutturale il sostegno investimenti e liquidità, innalzando la soglia a 5/10 milioni di euro; cumulabilità degli incentivi di Transizione 5.0 con il credito di imposta della Zes unica; promuovere la crescita dimensionale delle PMI attraverso un credito d’imposta sulle spese relative ai basket bond; favorire gli incentivi alla patrimonializzazione; prevedere incentivi incrementali e sgravi fiscali per le PMI delle aree interne.