Quarant’anni fa il “decreto di San Valentino” col quale il Governo Craxi inferse un duro ridimensionamento di tre punti percentuali a quella che era chiamata Scalla Mobile, vale sa dire la clausola di salvaguardia dei salari rispetto all’aumento indiscriminato dei prezzi, una sorta di indicizzazione che tutelava il potere d’acquisto dei salari.
A quella manovra di un governo a guida socialista seguì il refefendum abrogativo voluto dai comunisti e che sancì la sconfitta della linea berlinguer e la conferma di quel prpvvedimento. Nel 92 un altro socialista Giuliano Amato abrogò del tutto la Scala Mobile e introdusse per tutti i lavoratori dipendenti l’elemento distinto della retribuzione.
Un provvedimento che venne giustificato con il fatto che generasse inflazione per via dell’aumento dei salari mentre dall’altra parte si parlò di vera e propria “lotta di classe al contrario”, vale a dire un provvedimento che sacrificava la protezione del potere d’acquisto dei salari a vantaggio del capitale. Alla teoria secondo la quale fosse l’aumento dei salari a generare inflazione si oppone Emiliano Brancaccio, economista e docente di Economia politica ed Economia internazionale presso l’Università del Sannio, che così articola la sua posizione
Quali allora i correttivi per riequilibrare lo strapotere della difesa dei profitti rispetto al lavoro? Per Brancaccio sarebbe opportuno reintrodurre nel sistema economico forme maggiori di protezione dei salari
l’intervista nel video che segue