E’ entrato in vigore oggi il green pass obbligatorio anche per le aziende campane. Il monitoraggio effettuato da Confesercenti Campania ha rilevato diverse criticità nell’ambito delle piccole e medie imprese (specie quelle artigianali, pasticcerie e sartoriali). In generale l’andamento, registrato nella mezza giornata di oggi, è discreto, con i controlli del certificato e con l’ausilio alternativo, ovviamente, del tampone. «Le nostre attività, come di consueto– spiega Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania – rispettano le regole e dunque hanno verificato la presenza di green pass: chi non lo aveva si è sottoposto al tampone. L’andamento è discreto, ma è sul lungo periodo che siamo preoccupati. Innanzitutto per quelle figure professionali “uniche” sulle quali si fonda l’attività delle piccole e medie imprese. Mi riferisco agli chef, aiuto cuochi, ai pasticcieri, ai falegnami intagliatori, ai maestri artigiani in generale, ai sarti, ai tappezzieri e ai modellatori: alcuni degli storici non sono vaccinati: con la sospensione dal lavoro dei no vax l’azienda rischia di dover chiudere, perchè da un giorno all’altro quel quell’attività perde in un sol colpo qualità dei prodotti e quindi clienti e introiti. In secondo luogo a lungo andare il tampone giornaliero è un peso economico insostenibile per le attività (qualora lo offrano esse) o per il lavoratore».
In particolare Confesercenti Campania ha raccolto il caso di un maestro sarto del centro storico di Napoli che non intende fare tamponi a proprie spese per lavorare. Altre segnalazioni sono giunte da alcuni esercenti i cui dipendenti che si sono lamentati della decisione dello Stato della sospensione non remunerata per i non vaccinati. Altro problema in evidenza è il costo dei tamponi: «15 euro ogni due giorni è oneroso per noi» ci hanno detto diversi imprenditori di piccole e medie imprese, che hanno come dipendenti – definiti “indispensabili”- chef, autisti, panettieri e artigiani. Infine ci sono state alcune segnalazioni di criticità differenti, per esempio nel settore dell’agroalimentare (filiera corta e quarta gamma), dove le aziende delle zone di Villa Literno, Castelvolturno, Mondragone, Capua e Santa Maria Capua Vetere hanno lamentato un nuovo ostacolo: i dipendenti di provenienza est Europa e nord Africa si sono sottoposti nei loro paesi d’origine alle prime dosi dei vaccini, non riconosciuti però (e quanto pare) in Italia, e quindi non hanno esibito certificato verde. «Ribadiamo – sottolinea e conclude Vincenzo Schiavo – che le imprese non possano pagare lo scotto anche in questo senso degli effetti della pandemia. Lo Stato metta in condizione i lavoratori di fare le proprie scelte, ma anche le imprese di non subire l’ennesimo contraccolpo economico. Si trovino soluzioni condivise, che siano di equilibrio tra l’importanza primaria di garantire la salute del dipendente e dei suoi colleghi e le necessità di una azienda di non subire contrazione di fatturato e di incassi senza avere alcune responsabilità».