In dieci anni quasi diecimila disoccupati in più. Il dato che emerge per l’Irpinia dalle ultime statistiche è impietoso. Secondo le rilevazioni dell’Istat, dal 2009 al 2018 la provincia di Avellino ha fatto registrare un trend molto negativo. Numeri che spiegano lo status quo socio economico del territorio e che si ritrovano nelle crisi industriali, le vertenze sindacali e il calo delle produzioni. Il campione preso a riferimento è la popolazione con più di 15 anni di età.
Certo il fenomeno non è stato sempre rettilineo ma ha avuto un andamento piuttosto irregolare. Tre anni fa, ad esempio, i disoccupati erano addirittura 27.861, scesi poi a 26.801 nel 2017.
Ma il dato finale di questo decennio, oltre ad essere assolutamente negativo, è anche in controtendenza rispetto alla media nazionale che ha evidenziato, seppure in modo non uniforme, una certa ripresa, piuttosto incoraggiante soprattutto in determinati settori. Quest’onda, però, non sembra aver interessato l’Irpinia, dove anche nel 2018 c’è stata una flessione.
Meglio sembra essere iniziato il 2019, anche se è ancora presto per dirlo. Il primo trimestre analizzato mostra una lieve crescita rispetto allo scorso dicembre, con qualche contratto a tempo indeterminato in più rispetto alla diminuzione dei rapporti di lavoro a termine e degli autonomi.
Nonostante le cifre poco incoraggianti, però, le richieste di reddito di cittadinanza sono molto inferiori alla media nazionale, con un picco solo a San Martino Valle Caudina che ha raggiunto il 14,36% di istanze. Anche questi sono segnali che fanno riflettere. Del resto, lo stesso fenomeno del lavoro nero emerge sempre più nella sua drammaticità attraverso le ispezioni delle forze dell’ordine. Arginarlo metterebbe in luce certamente dati diversi, ponendo l’attenzione sulla regolarizzazione di una larga fetta di occupati fantasma.