L’Istat sforna i suoi dati e si evince la ripresa del mercato del lavoro. Per la prima volta, dal 2008, si raggiungono i livelli minimi di disoccupazione, un dato drogato però dall’aumento dei cosiddetti Neet. Cioè quei giovani inattivi che non studiano né lavorano ed essendo sfiduciati non lo cercano neanche più. Ecco i dati nel dettaglio.
TASSI DI OCCUPAZIONE PER TITOLO DI STUDIO
Con la crisi, e nonostante la più recente ripresa del mercato del lavoro, in Italia il tasso di occupazione è diminuito per tutti i lavoratori negli ultimi 7 anni. I più colpiti sono stati gli individui con titolo di studio medio-basso sia rispetto ai laureati sia a chi ha al massimo la licenza elementare. Più nel dettaglio, fra 2008 e 2015 il tasso di occupazione è sceso da 45,9 a 38,4% tra coloro in possesso di licenza media (-7,5 punti percentuali), da 62,8% a 56,7% tra i diplomati (-6,1 punti). Il calo del tasso di occupazione è meno consistente, da 11,9% a 8,2%, fra coloro che hanno al massimo la licenza elementare (-3,7 punti percentuali) e per i laureati, da 72,9% a 69,0% (-3,9 punti).
LAUREATI TRA I 30-34ENNI
Tra 2008 e 2015 l’incidenza dei laureati sulla popolazione di 30-34 anni aumenta dal 14,9% al 20,0% tra i maschi e dal 23,5% al 30,8% tra le femmine. Contemporaneamente diminuisce l’abbandono scolastico dei giovani 18-24enni, da 22,7% a 18,0% per i maschi e da 17,0% a 12,0% per le femmine.
GIOVANI CHE NON STUDIANO E NON LAVORANO
I giovani che non studiano e non lavorano (NEET) sono passati dal 19,3% al 25,7% dei 15-29enni tra 2008 e 2015. A crescere è soprattutto la quota di ragazzi (dal 15,6% al 24,2%) anche se quella femminile – comunque in aumento dal 23,0% al 27,1% – risulta costantemente superiore. Nel 2015 l’Italia ha la più alta quota di NEET d’Europa per entrambi i sessi, seguita da Grecia (22,2% maschi, 26,1% femmine), Croazia (20,8% maschi) e Romania (26,1% femmine).
SPESA IN ISTRUZIONE IN RAPPORTO AL PIL
La spesa totale media per istruzione (da risorse pubbliche e private) in rapporto al Pil è in Italia costantemente inferiore a quella media dei paesi Ocse. Dall’inizio della crisi del 2008 fino al 2012 è fortemente diminuita ovunque; in Italia è passata dal 4,8% al 3,6% del 2012, nella media dei paesi Ocse da 5,9% a 4,8%, per poi iniziare una lieve ripresa nel 2013, anno in cui è risultata al 4,0% per l’Italia e al 5,2% per la media Ocse.
RENDIMENTI DELL’ISTRUZIONE
L’investimento in istruzione produce ancora dei benefici monetari per gli individui che lo affrontano? Secondo l’Ocse, Il tasso di rendimento implicito dell’investimento effettuato quando si consegue un titolo di istruzione terziaria rispetto ad uno di secondaria superiore (ovvero il tasso d’interesse in corrispondenza del quale i benefici dell’investimento in un livello di istruzione superiore eguagliano i costi), nel 2012 è stato pari all’8,8% per i ragazzi italiani e all’11,4% in media Ocse. Per le ragazze italiane la situazione è ancora più svantaggiata: 7,6% contro 11,6%. I bassi tassi italiani testimoniano che l’investimento in istruzione in tutto l’arco della vita attiva fornisce rendimenti inferiori nel nostro Paese rispetto agli altri paesi Ocse.