In attesa di dedicargli un angolo di città, come sarebbe degno e giusto, questione che sembra languisca in un poco edificante traccheggiamento, di Giacomo Matteotti torna ad occuparsene l’Anpi, l’associazione dei partigiani d’Italia, che ha inteso approfondirne il profilo a cento anni esatti dall’assassinio avvenuto per mano di sicari fascisti il 10 giugno del 1924.
Una data particolare quella del 10 giugno per le sorti del Paese e del Fascismo visto che proprio quel giorno, dal balcone di Palazzo Venezia, Mussolini dichiarò guerra alle “plutodemocrazie occidentali” precipitando la nazione e lo stesso regime nello sfacelo più completo. Sedici anni prima però quel delitto definì il vero profilo del Fascismo, Mussolini stesso ruppe gli indugi e se ne prese la responsabilità politica nel discorso alla Camera del 3 gennaio 25; il regime era un dato di fatto e le Leggi Fascistissime che ne seguirono ne avrebbero decretato l’avvento.
Matteotti pagò la sua estrema ostilità alla prepotenza fascista, la sua schiena dritta, il suo rigore nel denunciare gli abusi della futura dittatura. Lui socialista, isolato anche dal contesto del suo partito, non era stato interventista in occasione dello scoppio della Grande Guerra quando molti socialisti, compreso Mussolini, lo furono eccome; la sua idea di giustizia sociale, il suo socialismo di prossimità nella difesa delle prerogative delle libertà dello stato liberale e del parlamentarismo frutto della costituzione albertina che stava franando sotto il peso delle leggi d’urgenza, tutte cose che contribuirono a rendere Matteotti un personaggio scomodo, da eliminare e che fu isolato e lasciatoi solo anche e soprattutto da chi non era fascista, tra gli ambienti liberali e giolittiani.
Del Matteotti militante ma anche del Matteotti sagace amministratore s’è discusso in un convegno a Palazzo Paolo V or non è guari, moderato dalla ineffabile Teresa Simeone e alla presenza del presidente regionale dell’Anpi Ciro Raia di Antonella Tartaglia Polcini, assessore alla Cultura del Comune e arricchito dalla presenza autorevole di Giorgio Benvenuto, storico segretario nazionale della Uil e attuale presidente della Fondazione Bruno Buozzi.