“Pane per gli Angeli”. Un titolo inaspettato che ha immediatamente condotto il pensiero a un richiamo poetico: il “pane de li angeli”, il pane della conoscenza del Convivio di Dante. Un banchetto simbolico, al quale il Sommo Poeta invita tutti gli uomini per saziarsi di poesia e filosofia. Eppure, viene naturale chiedersi: quale legame esiste tra il Convivio dantesco e le immagini di questa mostra? Quale parallelismo può esserci tra il banchetto poetico e il desco prosaico immortalato da Angela Maria Antuono?
Il comune denominatore è la conoscenza.
Non si può costruire alcuna sovrastruttura senza una solida base. Non si può comprendere la logica se non si padroneggia la grammatica. La conoscenza è un percorso, un processo a fasi, e conoscere lo stato primitivo della nostra realtà permette di ampliare lo sguardo sul presente e sul futuro.
Partendo dalla vita autentica e spudorata ritratta da Angela, si può riscoprire ciò che eravamo e, al contempo, riflettere sulla deriva attuale dell’omologazione, intesa come eliminazione delle differenze.
Le fotografie di Angela riportano spaccati di una società rurale ormai inghiottita dal grande “Blob” dell’omologazione. Tutto sembra svanire nell’essere uguali, filtrati, plastificati. Ma non qui.
In queste immagini troviamo la vita vera, quella che non concede sconti, che si manifesta ogni giorno, segnando volti, mani e cuori.
La felicità di questi uomini e di queste donne non è mediata da un filtro di bellezza artificiale. La loro felicità sta nel fare la storia, la loro storia reale. Una vita presa sul serio, senza superfluo, dove il necessario si fa poetico.
Questo passato recente, che sa di antico, appare oggi desueto, quasi sospeso in un esilio temporale. Il bianco e nero delle fotografie enfatizza tutto: il modo di essere “dentro o fuori”, senza compromessi o incertezze.
Il linguaggio visivo è diretto, chiaro. Nessuno, in queste immagini, teme di non essere “abbastanza”. Queste donne non hanno paura del giudizio, né esitano a mostrarsi per ciò che sono. L’obiettivo della macchina fotografica non le trasforma, ma esalta la loro purezza.
E noi spettatori? Siamo tutti invitati a questo convivio. Un banchetto già iniziato dalla prima fotografia, o che possiamo pregustare nei riti preparatori.
Siamo inebriati dal profumo del pane, dal calore dei mattoni, dal bianco del forno che svela il momento in cui la temperatura è giusta. Tutto in queste immagini parla di condivisione: dalla fatica al piacere del lavoro compiuto.
Quando questi frammenti di vita, catturati e fissati in immagini, diventano patrimonio di chi li osserva, essi accendono in ciascuno memorie di sapori, odori, nostalgie. Nostalgie di un tempo in cui si viveva senza troppi interrogativi, ma con piena consapevolezza.
Mangiare un pasto all’aperto dopo una giornata di lavoro non significa solo consumare cibo. Quel cibo rappresenta sacro e profano, amore e dedizione, fusi in un gesto che unisce.
Perché, come sempre, a chi amiamo chiediamo: hai mangiato?
Locandina_A3