Ricostruiti in 3D gli organi interni del piccolo Ciro, il primo dinosauro italiano nonché uno degli esemplari meglio conservati al mondo, che proprio il 26 marzo di 25 anni fa conquistava la copertina di Nature.
Il modello anatomico, rivelato in anteprima all’ANSA insieme alle prime scansioni del ‘lato B’ del fossile, sarà presentato sabato al Museo di Storia Naturale di Milano, durante un incontro aperto al pubblico che coinvolgerà i paleontologi che hanno studiato il reperto e che, attraverso immagini e video inediti, spiegheranno perché la sua scoperta rappresenta ancora oggi uno spartiacque nelle conoscenze sui dinosauri. Ciro (Scipionyx samniticus), rinvenuto a Pietraroia nel beneventano, è un esemplare unico per l’eccezionale stato di conservazione degli organi interni, mai visti prima in un dinosauro.
I paleontologi Cristiano Dal Sasso (già primo autore dell’articolo su Nature) e Simone Maganuco, grazie a tecniche innovative come la luce Uv, la Tac e la microscopia elettronica a scansione, hanno scoperto che gli organi interni di Scipionyx sono fossilizzati in modo eccezionale anche a livello cellulare e subcellulare, tanto da poterne vedere, dopo 110 milioni di anni, cellule muscolari, vasi sanguigni, capillari e addirittura i batteri e i resti di cibo contenuti nell’intestino.
Molti dettagli emersi da questo studio potranno essere apprezzati nel modello anatomico digitale che sarà presentato sabato dal paleoartista Fabio Manucci, ma nuove scoperte si attendono anche dalle prime scansioni del ‘lato B’ del fossile (quello nascosto nella matrice calcarea), autorizzate dalla Soprintendenza di Benevento e realizzate da Lucia Pappalardo e Gianmarco Buono del Laboratorio di microtomografia all’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). “Queste fettine virtuali saranno ricomposte al computer per vedere a tutto tondo gli organi di Ciro non più deformati dalla fossilizzazione”, spiega Dal Sasso. “Si tratta di un’opportunità unica per comprendere meglio l’anatomia dei dinosauri e studiare in dettaglio come sia avvenuto il passaggio dai rettili agli uccelli”, conclude Matteo Fabbri, paleontologo italiano che attualmente lavora al Field Museum di Chicago