Con “Nemesi, la dea dell’Arco di Traiano” la dissertazione storico-artistica di Aglaia McClintock, docente di diritto romano e dell’antichità all’Università degli Studi del Sannio, si è aperta la magnifica serata di sabato 14 maggio, coordinata da Accademia di Santa Sofia e Unisannio, nella bella cornice dell’Auditorium Sant’Agostino di Benevento. La storia, la grande musica e l’armonia dominano l’ottavo appuntamento della Stagione Artistica 2022, diretta artisticamente da Filippo Zigante e Marcella Parziale, con la consulenza scientifica di Marcello Rotili, Massimo Squillante e appunto Aglaia McClintock.
La sua narrazione, dedicata alla storia della dea scolpita sulla chiave di volta dell’arco di Traiano, ipotizza che tale figura femminile, correlata con le virtù incarnate da Traiano nelle raffigurazioni sull’arco (moderazione, coraggio, generosità, equilibrio) sia proprio Nemesi, a simboleggiare più che la vendetta, l’equilibrio tra potere e giustizia, tra punizione e perdono. La dea poi aveva un inno a lei dedicato, uno dei rarissimi frammenti conosciuti di musica greca, nel quale si loda Nemesi come emblema dell’armonia che regge il mondo.
E “l’armonia che regge il mondo” è anche la musica come quella, meravigliosa e potente, che l’Orchestra da Camera Accademia di Santa Sofia ha dedicato al suo pubblico in un piacevolissimo ed emozionante concerto dal titolo “Le serenate per archi” con le bellissime, celebri composizioni, “Eine kleine Nachtmusik” in sol maggiore per orchestra d’archi, K 525 di Wolfgang Amadeus Mozart e la Serenata per archi in do maggiore op. 48 di Pëtr Il’ič Čajkovskij.
La Serenata n. 13 “Eine kleine Nachtmusik” in sol maggiore per orchestra d’archi, K 525 di Wolfgang Amadeus Mozart, composta nell’agosto del 1787, è un gioiello compositivo luminoso e universalmente conosciuto, del genere serenata nella forma di “sinfonia”, “una piccola serenata notturna” dove si alternano movimenti di danza a esemplari passaggi solistici e virtuosistici. In assoluto la più popolare tra le musiche d’intrattenimento mozartiane. E anche il pubblico di Benevento la ama, la conosce e la riconosce subito come propria, confortevole, memoria collettiva. L’Orchestra da Camera Accademia di Santa Sofia l’affronta compatta e serena. Con piglio brillante attacca il celeberrimo allegro iniziale pulito e gioioso, e poi snocciola con sapiente maestria e dosata emozione, gli altri inconfondibili capitoli di un indiscutibile capolavoro che, pur nelle piccole proporzioni, ha fatto la storia della musica, una specie di bignami del genio mozartiano. E così seguono la romanza, il minuetto, il rondò, in un viaggio ideale alla corte viennese. I maestri, tutti straordinari rinomati virtuosi, scintillano, con i loro strumenti ad arco, dal Konzertmeister Marco Serino a Gianluca Falasca, Fabrizio Giordano, Alina Taslavan, i primi violini, e poi Alessia Avagliano, Giuseppe Navelli, Emanuele Procaccini, Alessandra Rigliari, i secondi violini; Francesco Solombrino, Martina Iacò, Carmine Caniani, le viole; Danilo Squitieri e Alfredo Pirone, i violoncelli e infine Gianluigi Pennino, il violoncello.
L’esecuzione è perfetta con un suono d’ensemble avvolgente, che sale espandendosi nitido e puro per gli spazi della navata fino a pervadere l’intera sala scatenando applausi scroscianti nel pubblico attento e appassionato.
Nella seconda parte del concerto arriva la sorprendente esecuzione della Serenata per archi in do maggiore op. 48 di Pëtr Il’ič Čajkovskij, del 1880, composizione di rara bellezza, tra le più complesse e affascinanti che siano state scritte per una formazione cameristica di soli archi. È passato quasi un secolo dalla precedente serenata mozartiana, e l’omaggio a Mozart e al classicismo presente nelle intenzioni di Čajkovskij finisce per trasformarsi in una delle sue pagine più inconfondibilmente ciaikovskiane.
Il tema splendido del primo movimento andante non troppo, allegro moderato è largo e seducente, a tratti epico e grandioso, intenso e romantico, energico e malinconico, torna e ritorna in infinite rielaborazioni melodiche, dove ogni sezione, superba, degli archi propone le sue mille varianti; il suono pieno, denso dell’orchestra, affiatata e coesa, incanta e trascina, robusto e vigoroso. Il secondo movimento, valzer, ha un sapore francese da gran ballo di corte e i violini cristallini volteggiano leggeri e sognanti. Il terzo movimento, elegia, quasi cantabile all’inizio, poi con le viole struggenti, e i violoncelli straordinari, vivi e ispirati, crea gamme di emozione pura, dalle profondità più cupe alla gioia, dall’allegria al tormento, e i temi volgono verso la madre Russia. Eccezionale il sostegno drammatico del contrabbasso, fondamentale appoggio emotivo, con uno scavo carnale e psicologico che sembra giungere dalle viscere della terra. Verso il finale, con tema russo, grande dinamica nell’intensità di suono che, da scarno e pianissimo si fa forte, fortissimo, pieno, denso, densissimo. Il tema russo, ripreso e amplificato dal primo movimento trabocca, dai ritmi slavi, nostalgico e doloroso. L’orchestra supera se stessa in ogni successivo passaggio e il crescendo conclusivo trascina il pubblico riconoscente in un lungo calorosissimo applauso e una serie di doverosi, meritati “bravi….bis”. Il bis arriva dedicato all’Ucraina con il compositore Myroslav Skoryk e la sua melodia per orchestra d’archi, toccante e contemporanea.
Sempre affettuosi i saluti iniziali di Marcella Parziale e Maria Buonaguro, Presidente Amici dell’Accademia.
(Monica Carbini)