Sabato sera, in un sempre gremito auditorium Sant’Agostino, abbiamo assistito a uno straordinario omaggio al compositore austriaco Franz Joseph Haydn (1732 – 1809) “Il padre della forma classica” grazie agli straordinari maestri dell’Orchestra da Camera Accademia di Santa Sofia e ai suoi virtuosi solisti, il Primo violino Marco Serino e Danilo Squitieri al violoncello.
Prosegue dunque con grande impegno, slancio collaborativo, furore artistico, e un calorosissimo e rassicurante affetto del pubblico, la prestigiosa Stagione Concertistica 2022, creata da Accademia Santa Sofia con l’Università degli Studi del Sannio, con i direttori artistici Filippo Zigante e Marcella Parziale e i consulenti scientifici Marcello Rotili, Massimo Squillante e Aglaia McClintock.
L’Orchestra da Camera Santa Sofia in tre memorabili esecuzioni, ha restituito al pubblico di Benevento un efficace condensato, un sostanzioso campione di tutta la grandiosità del compositore austriaco Franz Joseph Haydn, che con Mozart e Beethoven, fu protagonista del classicismo viennese, momento tra i più luminosi della storia della musica. Considerato il padre della sinfonia, Haydn concepì, definì, consolidò le nuove forme della sinfonia per orchestra, della sonata per pianoforte e del quartetto per archi, ponendo le basi per un criterio compositivo che poi segnerà tutto il successivo periodo romantico.
La serata apre con il “Concerto in do maggiore per violoncello e orchestra” (esemplare composizione ibrida ancora in bilico tra la forma del concerto barocco e la nuova forma classica che Haydn sta elaborando) dove domina, indiscusso mattatore, il violoncello di Danilo Squitieri, virtuoso fulcro interpretativo spietato e soave, forza ispiratrice di tutti e tre i movimenti, moderato, adagio e allegro molto, eseguiti con poliedrica intensità drammatica e totale immedesimazione fisica ed espressiva con il variegato fraseggio dello strumento dalla voce sempre così sorprendentemente umana, evocata in una gamma infinita di emozioni da un archetto dal tocco sicuro, deciso, preciso e sinuoso, apparentemente senza peso e guidato solo con la forza del pensiero o potremmo dire del respiro di Danilo Squitieri tale è la presenza quasi organica e funzionale dei respiri nelle sue esecuzioni. Musica pura e sublimata come in assenza di gravità. L’intera orchestra sensibile e solidamente affiatata, esalta e rifrange ogni proposta compositiva in un caleidoscopico congegno musicale perfetto. Grandi applausi da un pubblico conquistato e attento.
Segue il “Concerto n° 4 in sol maggiore per violino e orchestra” dove un divertito e navigato guascone Marco Serino, Konzertmester e Primo Violino dell’Orchestra, approccia il primo movimento allegro moderato snocciolando una serie infinita di temi e loro rielaborazioni in dialettica continua con le risposte dell’orchestra dove apprezziamo appieno la tecnica compositiva di Haydn. Grazie ancora al suo genio compositivo, nell’adagio, il violino di Serino procede cauto e misurato in un indagine profonda e sorprendente, nei misteriosi meandri dell’animo umano. Il terzo movimento, allegro, ci riporta a toni più pungenti e provocatori, dove un violino – Serino diavoletto petulante e dispettoso, in punta di fioretto anzi di archetto, si diverte a bacchettare e risolvere con simpatica sicumera ogni avvincente battibecco musicale in una straordinaria dinamica strumentale e sonora con l’orchestra. Il pubblico applaude con entusiasmo e gratitudine un’esecuzione magistrale.
A chiusura il “Concerto n° 1 in do magg. per violino e orchestra” dove ritorna, protagonista, il violino di Marco Serino. Nel primo movimento, allegro moderato, la temperatura emotiva nella voce sola del violino si fa più distaccata e spavalda, insinuante e suadente per poi virare poliedrica e intrigante su colori più drammatici. Nell’adagio romantico e cantabile come una romanza il violino procede modernamente verso un finale avvolgente e consolatorio, confortante come l’abbraccio puntuale dell’orchestra che arriva, pieno e rotondo. Nel movimento presto finale il tema del primo violino vigoroso e maturo, intensifica i toni drammatici e allegri in un crescente scambio creativo magnificamente stabilito con l’orchestra. Applausi scroscianti e il pubblico si alza a ringraziare.
Arriva il bis, ultimo grande regalo per il pubblico in una serata di grande musica e grande generosità artistica, una romanza del compositore tedesco Johan Peter Salomon (1745 – 1815) famoso impresario musicale che portò Franz Joseph Haydn a Londra. Nella romanza, intimista e piena di sentimento, il primo Violino e gli archi in un clima di pace e fratellanza si scambiano tenere frasi d’amore su un dolce tappeto mirabilmente tessuto dall’orchestra, un ensemble affiatato e motivato di musicisti, professionisti, virtuosi, artisti straordinari.
Oltre ai due solisti hanno suonato ai violini Anna Chulkina, Annastella Gibboni, Donatella Gibboni, Francesco Norelli, Alessia Avagliano, Alessandra Rigliari, Emanuele Procaccini, alle viole Francesco Solombrino, Martina Iacò, al violoncello Alfredo Pirone, al clavicembalo Debora Capitanio e al contrabbasso Gianluigi Pennino.
Prima del concerto, dopo i saluti iniziali di Marcella Parziale e Maria Buonaguro, Presidente Amici dell’Accademia, Maria Silvia Assante, docente di letteratura italiana contemporanea alla Federico II di Napoli, ha introdotto la serata con un’interessante riflessione, sintetica ma densa di spunti, su “La forza creativa del limite: forma e libertà fra letteratura e musica”. Nel breve excursus da Leopardi a Dante a Boccaccio, fino a Haydn, l’illuminismo e poi Calvino, il novecento, e di nuovo Leopardi, ha ragionato sul valore del limite nell’arte, nella letteratura, nella musica, come idea di ordine, armonia, bellezza. La definizione di forme logiche, strutture, regole razionali non impedisce anzi al contrario libera la fantasia e la creatività nell’arte, nella musica, in ogni esplorazione dell’animo umano. In sostanza il limite, sia esso reale o immaginario, è un espediente, un trampolino che serve per andare oltre, con la fantasia, con le idee, con la ricerca, con l’ingegno.
(Monica Carbini)