Omicidio Bembo, la Corte di Assise di Avellino, presieduta dal giudice Gian Piero Scarlato, dopo circa tre ore di Camera di Consiglio, ha emesso la sentenza nei confronti dei tre imputati a vario titolo per l’accoltellamento del 20enne risalente al primo gennaio del 2024 nell’area di sosta di fronte al bar Verdarina di via Nazionale Torrette a Mercogliano. Ferimento che determinò la morte del giovane dopo 10 giorni di ricovero all’ospedale Moscati di Avellino.
Queste le condanne: 16 anni e 8 mesi di reclusione per Niko Iannuzzi, che materialmente colpì più di una volta Roberto Bembo con il suo coltello, 16 anni per Luca Maria Sciarrillo e 16 anni per il fratello Daniele. La provvisionale per le parti civili costituite, e assistite dall’avvocato Gerardo Santamaria, è fissata in 25mila euro ciascuna. Tra 90 giorni le motivazioni. La decisione, praticamente, mette le condotte dei tre imputati sullo stesso piano.
Il pm Vincenzo Toscano lo scorso 11 dicembre, dopo oltre tre ore di requisitoria, aveva chiesto, rispettivamente, 25 anni di reclusione per il primo e, nell’ordine 21 anni e 9 mesi e 8 anni di reclusione, per i fratelli Sciarrillo.
Al pronunciamento del verdetto di primo grado si è arrivati dopo una lunga udienza caratterizzata dall’arringa dell’avvocato della difesa Gaetano Aufiero. Quest’ultimo, rivolgendosi alla Corte, aveva esordito dicendo: “È la prima volta che mi imbatto in un processo così mediatico, già giudicato altrove”. Poi l’accento sulle testimonianze definite “false” da parte degli amici della vittima e il passaggio sul manifestato affisso davanti al Tribunale con la scritta “vergogna”, stigmatizzato dal penalista avellinese.
Al centro della sua tesi difensiva le immagini immortalate dalle telecamere di videosorveglianza rispetto alle quali Aufiero ha affermato come Bembo sia tornato a cercare lo scontro dopo che la rissa, inizialmente partita per un parcheggio, era stata già sedata. Da qui la richiesta di configurare il reato di eccesso colposo di legittima difesa.
“Bembo torna indietro perché gli aggrediti scappano – ha spiegato il penalista che difende gli imputati con il collega Stefano Vozzella – e in quei 18 secondi testimoniati dal video Nico Iannuzzi, ha utilizzato il coltello. Avrebbe potuto evitarlo? Ha scelto di usarlo. Ma bisogna calarsi in quel momento e comprendere cosa avrebbe dovuto fare. L’accoltellamento, in ogni caso, non si è avuto per lo sguardo, l’accoltellamento si è avuto per l’aggressione”.