Nella mattinata odierna, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Benevento hanno eseguito un’ordinanza applicativa della misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare la professione forense, per la durata di un anno, emessa dal Tribunale del Riesame di Napoli su appello proposto dalla Procura della Repubblica di Benevento, confermata anche dalla Corte di Cassazione a seguito del rigetto del ricorso promosso dall’interessata, nei confronti di un avvocato civilista del Foro di Benevento, gravemente indiziata di aver commesso numerosi reati di falso.
Nello specifico, il provvedimento trae origine da un’indagine svolta dalla Tenenza della Guardia di Finanza di Montesarchio dal 2019 al 2020, coordinata dalla Procura di Benevento, a seguito delle querele presentate da due gestori di servizi di telefonia nei confronti dell’indagata, con le quali segnalavano gravi anomalie in centinaia di ricorsi seriali presentati dalla stessa di fronte al Giudice di Pace per conto di vari clienti, tutti finalizzati ad ottenere l’esibizione e la consegna agli utenti dei contratti telefonici da parte dei predetti operatori.
I ricorsi si basavano proprio sulla mancata consegna dei contratti telefonici agli utenti, nonostante le richieste avanzate, e, a seguito dell’emissione da parte del Giudice di Pace competente per territorio dei relativi decreti ingiuntivi, gli operatori telefonici venivano condannati, altresì, al pagamento delle spese di lite in favore dell’indagata, quale procuratore antistatario, pari a circa euro 246,50 per ogni contratto telefonico non esibito, in quanto provvisoriamente esecutivi e muniti di atto di precetto. Tuttavia, le richieste presentate dall’indagata agli operatori telefonici per ottenere la consegna dei contratti telefonici erano del tutto irrituali, in quanto prive di una formale delega e del documento di identità del cliente.
All’esito di un’articolata attività investigativa, consistita nell’acquisire copia conforme dei ricorsi presentati dalla professionista, delle procure speciali apparentemente rilasciate alla stessa dagli utenti e dei decreti ingiuntivi emessi dal Giudice di Pace competente per territorio, nonchè nell’assumere sommarie informazioni dai clienti dei gestori dei servizi di telefonia, si appurava che nessun utente aveva mai conferito alcun incarico alla professionista, in quanto gli asseriti clienti disconoscevano le sottoscrizioni apposte sulle procure alle liti. Peraltro, in molti casi gli stessi negavano di avere mai avuto la disponibilità delle utenze telefoniche indicate nei ricorsi.
Pertanto, i ricorsi per decreto ingiuntivo presentati dalla professionista si basavano su procure alle lite del tutto false, in quanto mai sottoscritte dai clienti. In tal modo emergevano gravi indizi di colpevolezza a carico della professionista, la quale, con il modus operandi sopra descritto, aveva indotto in errore il Giudice di Pace sulla propria legittimazione processuale e sulla fondatezza della pretesa asseritamente vantata dai propri clienti nei ricorsi, così da ottenere la condanna delle compagnie telefoniche al pagamento delle spese di lite