Il caso Maria Ungureanu si discute ancora nelle aule del Tribunale dopo 7 anni dalla morte della bambina. Una vicenda complessa e drammatica che ha fatto emergere anche aspetti raccapriccianti legati ad atti di violenza sessuale, che su un corpo di una bambina corrispondono al più preciso termine pedofilia, termine spesso evitato.
Nella storia dibattuta e controversa, da quel 19 giugno del 2016, data in cui Maria viene trovata senza vita nella piscina di San Salvatore Telesino, viene accusato Daniel Ciocan, l’ultimo ad averla vista in vita, sul giovane romeno pende in un primo momento l’accusa di omicidio e violenza sessuale, accuse poi decadute.
Ad oggi il giovane e sua sorella Maria Cristina Ciocan, devono rispondere del reato di abbandono di minore, poichè avrebbero lasciato la bambina da sola nel resort e quindi in balia dei pericoli della piscina in cui poi è stata trovata annegata la notte del 19 giugno, mentre in paese c’era una festa. La storia ora si concentra su quegli ultimi momenti trascorsi a bordo dell’auto dei Ciocan, la Polo, con cui Maria è stata accompagnata al Resort.
Venerdì 13 gennaio la Corte d’Assise ascolterà tutti i consulenti che hanno condotto le perizie sul GPS dell’auto per la geolocalizzazione.
“Abbiamo ampiamente dimostrato anche in fase istruttoria che le informazioni del gps che volevano la Polo parcheggiata al resort, non erano attendibili perchè il dispositivo era malfunzionante”-afferma l’avvocato Salvatore Nicola Verrillo legale dei fratelli Ciocan – che conclude: “In sede di udienza il prossimo venerdì, sarà ascoltato anche il nostro consulente di parte, il professore Gismondi, smonteremo punto per punto le conclusioni dei Periti della Procura, e con questo ritengo che si possa mettere una pietra tombale su questa vicenda, che brilla per assenza di prove e sussistenza di fatti”.