breaking news

Pestaggio nel carcere di Bellizzi, gli agenti arrestati incastrati da video e intercettazioni

Pestaggio nel carcere di Bellizzi, gli agenti arrestati incastrati da video e intercettazioni

10 Dicembre 2022 | by Redazione Av
Pestaggio nel carcere di Bellizzi, gli agenti arrestati incastrati da video e intercettazioni
Cronaca
0

Intercettazioni telefoniche e immagini delle telecamere: così la Procura di Avellino e i carabinieri del Nucleo Investigativo sono risaliti alle responsabilità dei tre agenti di custodia del carcere di Bellizzi Irpino che il 9 marzo scorso favorirono il pestaggio di Luigi Canistro, detenuto pugliese, nella sua stessa cella, la numero 1 del  secondo piano – lato destro della struttura penitenziaria. I tre, come riportato dall’ordinanza del gip del Tribunale di Avellino, Fabrizio Ciccone, sono: Giuseppe Iovine, 36enne di Mercogliano (figlio dell’ex comandante della Polizia Penitenziaria della casa circondariale del capoluogo), Ugo Moffa, 32 anni, anche lui residente a Mercogliano, e Liberato Piscitelli, 34 anni, residente a Visciano (Napoli). Tutti nati ad Avellino e perfettamente consapevoli che la spedizione punitiva coperta ai danni del detenuto foggiano avrebbe anche potuto avere conseguenze tragiche. Ad aggredire materialmente Canistro, invece, furono Luigi Vitale, 49 anni, di Pago del Vallo di Lauro, persona vicina al clan San Germano, Girolamo Miele, 59 anni, di Nola, Gennaro Ramaglia, 53 anni, di Napoli, e Antonio Sarni, 39 anni, anch’egli di Napoli. A far scattare le indagini la stessa vittima del pestaggio che denunciò l’aggressione subita il giorno seguente ad altri baschi azzurri e poi agli inquirenti e dopo altri segnali di pericolo fu trasferita, in un primo momento, a Poggioreale e poi in un altro istituto di pena. Da quanto si legge nell’ordinanza, il racconto di Canistro è stato confermato dalle conversazioni telefoniche intercettate tra i tre secondini, intenti a trovare una versione univoca per mascherare il più possibile le loro responsabilità, e l’esame dei video delle telecamere di sicurezza. Da questi si vede che Moffa apre la cella e favorisce l’ingresso dei detenuti nella cella della vittima designata, a quanto pare per un presunto sgarbo ad un detenuto calabrese di grosso calibro, e gli altri che non fanno niente per impedire il pestaggio, nel corso del quale uno dei partecipanti brandiva anche un pezzo di vetro. Anzi secondo quanto riferito da Canistro le guardie durante il raid lo avrebbero anche appellato come “infame”. E il detenuto pugliese solo barricandosi sotto la brandina evitò conseguenze più gravi. Tra l’altro, per evitare che l’aggressione si scoprisse subito, nonostante fossero consapevoli delle gravi ferite riportate al volto (lesione al bulbo oculare e deviazione del setto nasale) e le contusioni su varie parti del corpo, i tre lasciarono Canistro sanguinante sul pavimento nella cella e solo il giorno dopo l’uomo fu portato all’ospedale Moscati per essere medicato. Nel frattempo scattarono le note informative dell’ispettore Serafino Fiore e del responsabile del reparto, il sovrintendente capo Vincenzo Spiniello che avvertirono il comandante Attilio Napolitano dell’aggressione. Lo stesso, controllate le immagini della videosorveglianza, fece partire la notizia di reato. Il 14 marzo, quindi, il pm sente Canistro che racconta anche di come, capito che stava per essere picchiato, avesse più volte avvertito gli agenti e di aver gridato aiuto durante il pestaggio.

I tre, da mercoledì ai domiciliari, saranno interrogati la prossima settimana.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *