Confermata in Appello l’assoluzione di Nunzia De Girolamo e altri cinque imputati nell’inchiesta sulla Asl di Benevento. In I grado il Tribunale di Benevento aveva assolto tutti e otto gli imputati e il pm Assunta Tillo aveva impugnato sei delle otto assoluzioni, tra cui quella dell’ex ministra ed ex parlamentare Nunzia De Girolamo, dei suoi collaboratori Giacomo Papa e Luigi Barone, dell’ex direttore generale Michele Rossi, dell’ex direttore amministrativo della Asl Felice Pisapia e dell’ex responsabile budgeting Arnaldo Falato.
In Appello, il sostituto procuratore generale aveva chiesto condanne a 6 anni per De Girolamo e Rossi per tentata concussione e concussione e a 5 anni per Papa, Barone, Pisapia e Falato per concussione. La Corte d’Appello però ha dato ragione alle difese e per tutti i sei imputati è stata confermata l’assoluzione anche in II grado.
Un’inchiesta nata sul finire del 2013, che esplose mediaticamente a inizio 2014 e che indusse la De Girolamo a dimettersi (non indagata) dal governo Letta, in cui era responsabile delle Politiche agricole. Al centro della vicenda la gestione dell’Asl di Benevento, e l’esistenza di quello che gli inquirenti all’epoca definirono ”un direttorio politico-partitico” che ne avrebbe influenzato le scelte. Un intrigo con contorni da spy story, quello descritto dagli inquirenti, per via delle registrazioni che uno degli imputati, l’ex direttore amministrativo dell’Asl, realizzò di nascosto nel corso di due incontri tenuti nella casa del padre di Nunzia De Girolamo, che all’epoca non aveva ancora assunto incarichi di governo. Vertici ai quali lo stesso ex ministro, allora coordinatore provinciale del Pdl, aveva preso parte attivamente. L’acquisizione di quelle registrazioni da parte della magistratura portò al coinvolgimento dell’ex ministro nell’inchiesta che aveva preso il via da una serie di fatture pagate per prestazioni sanitarie per l’accusa mai effettivamente erogate. Associazione per delinquere, concussione e utilità in cambio di voto elettorale: queste le accuse originariamente contestate, a vario titolo, alla De Girolamo e agli altri sette imputati, tutti assolti in primo grado, il 10 dicembre 2020, perchè il fatto non sussiste. Contro l’assoluzione aveva fatto ricorso la Procura che aveva chiesto condanne per tutti, ma la Corte ha confermato oggi l’assoluzione piena.
“Oggi finisce un incubo durato 9 anni. Sono felice che anche la Corte di Appello abbia confermato la mia assoluzione piena. Grazie a chi, in questi anni non facili, mi ha dimostrato affetto e vicinanza” è il commento affidato a twitter della De Girolamo
Un’assoluzione chiara e netta che è l’epilogo fisiologico di una vicenda che non aveva alcun fondamento dall’inizio. Abbiamo dovuto attendere tanti anni, due gradi di giudizio, siamo contenti, però io penso che una riflessione sugli effetti indiretti di questa vicenda processuale devono farla tutti”. Così all’AdnKronos l’avvocato Domenico Di Terlizzi, difensore dell’ex ministro Nunzia De Girolamo, assolta anche in appello nell’ambito del processo scaturito dall’inchiesta sulla Asl di Benevento. “Un ministro che si dimette – osserva il legale -, una carriera politica stroncata, sofferenze che si possono immaginare rispetto a una richiesta di condanna a sette o otto anni, pene che si chiedono per reati ben più gravi. Ecco, su questo c’è da interrogarsi se non è una patologia del sistema, per quel che riguarda le procure, perché dobbiamo riconoscere che la magistratura giudicante, scrupolosa, ha accertato per ben due volte che i fatti non sussistono”. Per l’avvocato Di Terlizzi, dunque, “la proposizione di appello dopo l’assoluzione in primo grado, più che un accanimento è stato sicuramente un eccesso di zelo. Alcuni episodi, ad esempio, sono veramente campati in aria, non c’era niente a carico della De Girolamo, eppure c’è stato l’appello. Sicuramente era sufficiente il giudizio di primo grado, perciò un ripensamento sulla possibilità delle procure di proporre appello contro le sentenze di assoluzione va fatto. Insomma, un cittadino si presume innocente, si verifica che è innocente dopo un giudizio di primo grado, ma non contenti facciamo un altro giudizio per verificare ancora se è innocente. E tutti i costi umani chi li risarcisce? La risposta la diano i legislatori”