Giovanni Limata è affetto da un disturbo di tipo ansiogeno indirizzato verso lo sviluppo di comportamenti autolesionistici. Non rilevate, però, altre condizioni psicopatologiche incompatibili con il regime carcerario. È questa, in estrema sintesi la diagnosi che viene fuori dalla perizia psichiatrica affidata una settimana fa dal Tribunale di Avellino, al dottore Francesco Saverio Ruggiero, il quale l’ha depositata ieri, dopo essere stato nel carcere di Bellizzi sabato scorso. Udienza straordinaria stamattina per il processo sull’omicidio di Aldo Gioia, il 53enne avellinese ucciso lo scorso aprile nella sua abitazione con 14 coltellate proprio dal Limata con la complicità della stessa figlia della vittima, Elena, sua fidanzata. All’attenzione del collegio giudicante, pm e avvocati, la relazione del consulente, chiesta dopo che il giovane imputato reo confesso ha tentato il suicidio in cella. Il Tribunale scioglierà la riserva sul punto nel corso della prossima udienza fissata il 23 febbraio. Per il perito, intanto, Limata non necessita di un trasferimento in una struttura sanitaria assistita e può essere seguito anche nell’istituto penitenziario di Avellino, dove spesso si reca anche uno psicologo con il quale, però, il giovane non riesce quasi mai a portare a termine la seduta. Al momento, comunque, non c’è rischio di un peggioramento del quadro sanitario e psicologico del ragazzo e non emergono fenomeni depressivi importanti. Dunque, un quadro chiaro, secondo cui Giovanni Limata può restare nella casa circondariale. Solo tra 20 giorni, però, la Corte si esprimerà sulla revoca o meno della custodia cautelare in carcere.