Le mani del clan sulla città ma anche su Mercogliano, Monteforte e diversi comuni tra Hinterland ed Alta Irpinia. Il giorno dopo la maxi operazione anticamorra della Dda di Napoli, capace di assestare un duro colpo a quello che è stato definito il “nuovo clan Partenio” è già tempo di interrogatori di garanzia e, soprattutto, di nuovi dettagli e clamorosi sviluppi legati al blitz.
Partiti questa mattina gli interrogatori svolti dal gip di Napoli, Fabrizio Finamore, che andranno avanti fino a questa sera, per poi riprendere domani. Il giudice per le indagini preliminari dovrà ascoltare tutti i 23 soggetti destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare, 18 in carcere e 5 agli arresti domiciliari. I primi ad essere stati ascoltati, presso la casa circondariale di Bellizzi, sono stati gli esponenti più in vista del gruppo criminale. Dalle loro parole, però, non sembrano emergere nuovi elementi, visto che alcuni si sono dichiarati innocenti e quasi tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Ciò che emerge dall’inchiesta, invece, è come fossero le aste giudiziarie pilotate il nuovo core business del gruppo criminale, guidato da Pasquale Galdieri, detto o’ milord, e dal fratello Nicola, che intascava il 50% dei profitti, dividendosi i guadagni dell’attività illecita con quello che gli inquirenti chiamano il “gruppo Forte”. Famiglia già nota alle forze dell’ordine. Tra quanti sono ai domiciliari, poi, c’è anche un dipendente del Comune di Monteforte Irpino, Martino De Fazio, che, per certi versi, si va ad affiancare alle persone coinvolte nell’inchiesta, ma solo destinatari di avvisi di garanzia, e definite dai magistrati i colletti bianchi che ruotano nell’orbita dell’organizzazione prestando i loro servigi: un avvocato, Antonio Barone, considerato figura chiave nelle pratiche delle aste da condizionare e il coordinatore irpino della Lega, Sabino Morano, indagato per voto di scambio ma già dichiaratosi estraneo ai fatti imputatigli e, tra l’altro, autosospesosi dal partito per motivi di opportunità politica.
Nei rapporti degli investigatori e dalle intercettazioni riportate nell’ordinanza, intanto, viene fuori anche la ferocia del clan. “Per stasera se non porti i soldi a Monteforte ti taglio la testa e ci piscio dentro. Qua comandiamo noi, se non l’hai capito apparteniamo al clan”. Questa una delle minacce ad una vittima delle frequenti estorsioni messe in atto dal gruppo criminale.
Insieme agli sviluppi, però, ci sono ancora tante domande rimaste inevase. Alcune di queste riguardano chi e perché si è reso protagonista degli atti intimidatori risalenti alla notte tra sabato 21 e domenica 22 settembre, con l’ordigno rudimentale fatto esplodere nell’auto di Sergio Galluccio a Rione Mazzini, e con i colpi sparati nelle auto di Damiano Genovese, parcheggiate davanti alla sua abitazione di Contrada Sant’Eustachio. Le misure cautelari chieste dalla Dda, infatti, sono state disposte il 17 settembre, prima che quegli gli stessi fatti di cronaca che hanno fatto gridare ad una recrudescenza criminale in città, accadessero. Il clan, però, era già ben avviato e operante a pieno, come testimoniato anche dai rapporti della Direzione Nazionale Antimafia. Ma, visti i rapporti intercorrenti tra le vittime di quegli attentati, gli stessi non avrebbero nulla a che vedere con quanto è successo 3 settima fa. Una circostanza, questa, che lascia agli inquirenti ancora tanti interrogativi a cui dare delle risposte.
Intanto, esprime grande soddisfazione sull’operazione il prefetto di Avellino, Maria Tirone. Il rappresentante di Governo sul territorio provinciale sottolinea la rapidità della risposta delle forze dell’ordine e della magistratura dopo gli episodi di violenza registrati in città ed evidenzia la necessità di una ancora più vasta opera di prevenzione anche attraverso la videosorveglianza che con gli “accordi di vicinato” si sta implementando in diversi comuni irpini. Le considerazioni arrivano a margine dell’incontro sulla prevenzione delle catastrofi naturali e la pianificazione dell’emergenza. Il tema, molto importante in una terra sismica come l’Irpinia, è stato al centro di un convegno organizzato all’ex carcere borbonico, nell’ambito della settimana nazionale della protezione civile.