Barriere, velocità, angolatura d’impatto, modello usato per la simulazione dell’incidente, ancoraggi e tirafondi. Su tutto, o quasi, il superperito nominato dal giudice Luigi Buono esprime una diversità di vedute rispetto ai test e alla perizia dei consulenti di Autostrade per l’Italia. È ripreso dall’escussione del professore Felice Giuliani, ctu del Tribunale, il processo che si sta celebrando ad Avellino sulla strage di Acqualonga del 28 luglio 2013 che costò la vita a 40 persone precipitate dal viadotto dell’A16 mentre tornavano a Pozzuoli dopo un pellegrinaggio a Pietrelcina.
Per Giuliani, docente di Ingegneria delle Infrastrutture viarie e dei Trasporti presso l’Università di Parma, le barriere istallate nel 1989 sul viadotto Acqualonga erano perfettamente a norma ma la compromissione di alcuni elementi, come i tirafondi, ha alterato l’equilibrio e la sua capacità di risposta all’urto. Il superperito, incalzato dalla difesa di Autostrade per l’Italia, ha cercato di dipanare le contraddizioni tra le perizie eseguite dai consulenti sia della Procura sia della stessa società. Il perito nominato nel giugno scorso ha depositato le sue conclusioni il 4 settembre. Pochi i giorni utili per esaminare a fondo la nuova perizia, la quarta agli atti del processo, sia per gli avvocati di Autostrade per l’Italia che per quelli dell’altro grande imputato del processo, Gennaro Lametta, proprietario del bus e fratello dell’autista anch’egli morto nell’incidente.
In aula i parenti delle vittime e alcuni tra i pochi superstiti. Il superperito ha parlato di omissione nell’attività di sorveglianza delle barriere e contestato il crush test effettuato dai consulenti di Autostrade per l’Italia dove mancherebbero pesi e autista, la lunghezza e il raggio delle ruote sarebbero stati superiori alla realtà, mentre la forma diversa. Punti critici a dispetto dei quali Giuliani ha cercato di dimostrare che il suo modello era quello più approssimato al vero.