BENEVENTO- Non c’è coinvolgimento della politica nei fatti del Comune di Benevento che hanno condotto all’arresto del dirigente Mancini nell’ambito dell’inchiesta “Euroscopio” che ha portato in galera anche di altre 9 persone tra cui 5 imprenditori. Per tutti l’accusa è quella corruzione aggravata e reiterata e di turbativa di gare in appalti pubblici per quanto attiene ai fatti del Piu Europa in relazione ad alcune opere come il terminal bus della stazione, due piazze beneventane, la pista ciclopedonale, la riqualificazione del ponteb sul fiume Sabato per importi compresi tra i 600mila euro e i 5milioni di euro. Gli investigatori sono risaliti a Mancini e agli altri coinvolti in questa vicenda partendo da altre indagini per poi confluire su questo filone che ha concentrato l’attenzione degli inquirenti. Una storia, l’ennesima, di malversazione e di assalto al pubblico denaro. Ancora una volta Palazzo Mosti torna alla ribalta della cronaca per il comportamento dei propri dirigenti che nel corso di questi ultimi anni hanno incarnato l’immaginario collettivo della corruzione e della tangente elevata a rango di regola ineludibile. Scientifico il ricorso anche alla tecnologia. Per i magistrati Mancini utilizzava uno strumento, il laparoscopio, per vedere all’interno delle buste il massimo ribasso e comunicarlo alle ditte compiacenti intascando il 7% sugli appalti. Storia vecchia, metodi nuovi di zecca. I carabinieri che questa mattina hanno arrestato il dirigente comunale hanno sequestrato 250mila euro in contanti nell’abitazione di due indagati e l’ormai famoso laparoscopio. Al momento non sembrano esserci coinvolgimenti della politica in questa storia di bustarelle e appalti truccati. Il Procuratore della Repubblica Conzo
