Autonomia differenziata materia tanto delicata quanto potenzialmente esiziale per il futiro stesso dell’unità del Paese in un quadro generale geopolitico in grande trasformazione. Essa rappresenta la barra a dritta delle regioni più ricche del Paese che intendono trattenere per se gran parte del gettito fiscale, darebbe motivazione e fondamento al passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard di finanza locale che minerebbe in nuce il concetto, costituzionalmente garantito, di equità fiscale tra parti diverse della nazione. E’ tuttavia, il leit motiv degli ultimi 30 anni, l’esigenza delle regioni ricche di fare cassa con il sostegno di spinte politiche un tempo secessionistiche oggi federative ma anche il contributo dei governi di centrosinistra che hanno favorito la riforma del titolo V della Costituzione in una sorta di pastrocchio tipicamente italico. Un quadro preroccupante nei confronti del quale la classe politica uiversalmente considerata non coglie la drammaticità dei tempi attuali, la regressione inesorabile del sistema paese a partire dalle regione cosiddette ricche in recessione rispetto al resto d’Europa e un sud con problemi di autentica sussistenza. In mezzo una classe dirigente priva di idee guida, la convinzione di uno stato mero arbitro delle decisioni prese da centri di potere finanziario. E’ questo, per sommi capi, il leit motiv dell’intervento del professor Giannola, presidente dello SVIMEZ, al dodicesimo congresso regionale della Funzione Pubblica della CGIL che si sta tenendo a San Nicola Manfredi nel contesto di un parterre prestigioso con l’ex ministro Rosi Bindi collegata da Roma. Giannola articola così la sua weltanshaung.
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