Sono quasi 118mila le imprese italiane che si trovano a rischio usura. Dopo anni in cui erano in calo, rispetto a un anno fa il numero complessivo di queste realtà è cresciuto di oltre 2.600 unità, prevalentemente di artigiani, esercenti, commercianti o piccoli imprenditori ‘scivolati’ nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Una ‘schedatura’ che preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito.
A denunciarlo è l’Ufficio studi Cgia, sottolineando che un’impresa a rischio su 3 è al Sud. Nell’ultimo anno la situazione è fortemente peggiorata a Benevento, Chieti, Savona, Rieti e Lecce. In particolare, Benevento registra un +17,3% di imprese affidate con sofferenze (in valore assoluto +97).
A livello provinciale, il numero più elevato di imprese segnalate come insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane. Al 30 giugno scorso, Roma era al primo posto con 10.827 aziende: subito dopo troviamo Milano con 6.834, Napoli con 6.003, Torino con 4.605 e Firenze con 2.433.
L’area più a rischio è il Sud con 39.538 aziende in sofferenza (pari al 33,6% del totale), seguono il Nordovest con 29.471 imprese (25% del totale), il Centro con 29.027 (24,7% del totale) e infine il Nordest con 19.677 (16,7% del totale).
L’usura si pratica al Sud, ma i soldi vengono poi reimpiegati al Nord. Negli ultimi tempi, infatti, le indagini effettuate dalla Direzione Investigativa Antimafia dimostrano come il denaro contante proveniente dalle attività criminali primarie, come l’usura, venga reimpiegato con sempre maggiore frequenza soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, tra le altre.
Ma, denuncia la Cgia, molti imprenditori insolventi lo sono anche perché non pagati. Chi finisce nella black list della Centrale dei Rischi difficilmente può beneficiare di alcun aiuto economico dal sistema bancario, rischiando di finire tra le braccia degli usurai.
Per evitare che questa criticità si diffonda, la Cgia continua a chiedere con forza il potenziamento delle risorse a disposizione del ‘Fondo di prevenzione dell’usura’. Strumento, quest’ultimo, in grado di costituire l’unico valido aiuto a chi si trova in questa situazione di vulnerabilità.