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Casamicciola, la rabbia dei terremotati: “ridateci un punto di ritrovo se abbattete la nostra baracca”

Casamicciola, la rabbia dei terremotati: “ridateci un punto di ritrovo se abbattete la nostra baracca”

27 Settembre 2024 | by redazione Labtv
Casamicciola, la rabbia dei terremotati: “ridateci un punto di ritrovo se abbattete la nostra baracca”
Attualità
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Tensione alle stelle a Casamicciola Terme dove nei giorni scorsi, nell’ambito della riqualificazione della zona, si stava procedendo all’abbattimento della baracca realizzata in piazza Maio dai terremotati, il giorno dopo il sisma del 21 agosto 2017.

Una baracca che oltre a servire in questi anni ai cittadini della zona per ritrovarsi, distrarsi e darsi coraggio a vicenda, anche per la recente alluvione ha rappresentato un importante ed indispensabile presidio di protezione civile dove gli sfollati ricoperti di fango venivano rincuorati e rifocillati con cibo, thè caldo, bevande varie e una parola di conforto.

Una baracca in cui anziani e meno anziani, nei momenti più tragici con le lacrime agli occhi, quando in zona si scavava per cercare i dispersi e in piazza Maio c’erano centinaia di persone presenti tra soccorritori, forze dell’ordine, politici e giornalisti, oltre a dare una mano per la distribuzione dei pasti che fornivano Caritas e altre associazioni di volontariato, provvedevano loro stessi a cucinare di tutto e ad offrire il caffè a coloro che lo desideravano. “Nei giorni a seguire il terremoto e l’alluvione – hanno dichiarato in coro i frequentatori della baracca – abbiamo aiutato i volontari in tutto, anche a distribuire i pasti, e le donne del Maio quattro volte al giorno pulivano i bagni quotidianamente utilizzati da centinaia di persone senza che il comune ci fornisse nemmeno i guanti”.

Anziani e meno anziani ritrovandosi anche solo per condividere qualcosa da mangiare o semplicemente per guardare la televisione, per sette anni proprio in questa umile baracca e grazie a questo punto di ritrovo, hanno trovato la forza, per andare avanti nonostante avessero perso familiari, amici e conoscenti oltre la casa dove sono nati e dove vi hanno vissuto per oltre mezzo secolo.

E per loro sapere che senza avere in cambio un “rifugio” alternativo, questo luogo di ritrovo così umanamente confortevole e di aiuto anche psicologico per loro gli verrà “scippato” con la demolizione da quelle istituzione che dovrebbero ringraziarli per la straordinaria opera di volontariato che hanno prestato durante il terremoto e l’alluvione, rappresenta un dramma esistenziale che si va ad aggiungere alle tragedie che hanno già vissuto. “Se ci tolgono questo punto di ritrovo – hanno sottolineato – ce ne andiamo al cimitero perché questo è il nostro punto di incontro e di sostegno”.

E come sostiene Ida Trofa, portavoce di questi umili ed onesti lavoratori, “se la baracca deve essere abbattuta la si abbatta, ma lo Stato al contempo realizzi immediatamente in piazza Maio uno spazio al coperto alternativo dove terremotati ed alluvionati possano quotidianamente continuare a trascorrere qualche ora assieme, per distrarsi, per sentirsi ancora comunità, e meno soli ed isolati. E per questo è stata anche sottoscritta una petizione da inviare al Presidente della Repubblica e a quello del Consiglio”.

Cosa aggiungere. Pare che le istituzioni non sappiano ancora chi sette anni fa abbia montato la baracca quando pure le pietre sanno benissimo che a realizzarla è stato il popolo del Maio. In un paese normale questi anziani per prima cosa verrebbero premiati dallo Stato per la straordinaria opera di volontariato svolta, e prima di essere sfrattati dalla loro baracca simbolo di una comunità che nonostante tutto resiste per rimanere viva e coesa, sarebbero dovuti essere convocati per annunciargli l’immediata realizzazione nello stesso posto di un nuovo e più confortevole punto di ritrovo.

E ancora. Visto al Maio quanto già economicamente impegnato per la messa in sicurezza, attraverso il puntellamento, delle abitazioni danneggiate dal terremoto, prima di spendere un solo euro per abbatterle, si dovrebbero impegnare tutte le risorse economiche disponibili per ridare una casa a tutti gli sfollati.

Questa dovrebbe essere la priorità per uno Stato di diritto. E invece anche in questo caso per ora a guadagnarci saranno solo tecnici, ditte e discariche per lo smaltimento delle macerie mentre a perderci, come sempre, sarà ancora una volta la povera gente che nulla sa se un giorno gli verrà riconosciuto quel diritto alla casa che non gli aveva garantito lo Stato, così come avrebbe dovuto essere in un Paese degno di essere definito civile, ma che si erano garantiti col sudore della fronte e col sangue del duro lavoro.

di Gennaro Savio

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