Un dispettuccio politico come dice Perifano, vizi di carattere procedurali come commenta il coordinatore del distretto d’ambito Forgione che insiste con il metodo emiliano-romagnolo, la sentenza della Corte dei Conti di quella regione che che esclude i comuni e rimanda tutto al distretto d’ambito. Sta di fatto che a prescindere dalla decisione della maggioranza di non annullare la delibera in autotutela, così come proposto dalle opposizioni, è la stessa Regione Campania che attraverso la Giunta Regionale comunica che a breve sarà trasmesso all’Ente Idrico Campano la bozza di statuto con le modifiche testuali in merito ai rilievi della Corte dei Conti. Il che, tradotto in sintesi, vuol dire che la delibera comunale del 31 gennaio è ipso facto superata.
“Abbiamo perso tempo”, dice la minoranza, aspettando il Godot del bando regionale che dovrebbe decidere sul socio privato essendo stata scelta la formula mista. Ma le eccezioni della Corte dei Conti hanno messo in condizione la Regione di doversi attenere a quel parere e la consultazione pubblica diventa ora consequenziale.
Nel frattempo il Sole 24 Ore però viene in soccorso di Forgione che perorava la causa della non necessaria partecipazione dei comuni. E’ una sentenza della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti del Piemonte che consentirebbe a Forgione di realizzare il suo intento a condizione però che la società scelta fra i diversi modelli consentiti sia una società in house.
La Corte dei Conti ha ricordato che la giurisprudenza amministrativa ha chiaramente affermato che, una volta che l’Autorità d’ambito abbia scelto l’affidamento a società pubblica in house i comuni dell’ambito hanno l’obbligo di aderire alla società.
Anche l’Anac dice la sua. ” Solo in caso di affidamento in house viene riportata l’indicazione della clausola statutaria che impone che più dell’80% del fatturato sia svolto in favore dell’ente pubblico o degli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto a detto limite sia consentita solo se assicura economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società partecipata ”
La domanda è se la politica gradisce o meno la società in house e qui il problema termina d’essere giurisprudenziale e comincia ad essere schiettamente politico.