Altrabenevento riparte all’attacco del campo da golf. E’ un momento di particolare fermento per l’associazione di Gabriele Corona impegnata su diversi fronti a dar battaglia continua e a giudicare dai risultati in modo incisivo. La storiella della non presenza in Consiglio e di conseguenza il “divieto” di occuparsi di tematiche generali che riguardano la città pare avere fatto il suo tempo, visto il fatto che sulla questione delle commissioni Scarinzi lo citò direttamente e per certi versi anche su piazza Cardinal Pacca lo ha fatto Antonio Iadicicco, pur non nominandolo mai, tutto questo lo elegge a rango di interlocutore diretto.
Ragione per cui Gabriele Corona si erge a protagonista della vita cittadina, cosa che già è, lo invitano addirittura a pubbliche discussioni, forse in modo improvvido perchè non è personaggio che si può tenere in spazi delimitati, insomma del Castigamatti si comincia a tenere considerazione come è giusto che sia. Ignorarlo è palestra inutile e controproducente oltre che poco intelligente.
Il campo da golf, si diceva. Oggi tocca a Salvatore Zotti, ingegnere ed ex dirigente del settore urbanistica del Comune di Benevento, fare alcune asserzioni in merito alla questione, se sia possibile realizzarlo in zona agricola oppuire no. Zotti, come la sua associazione è convinto di no e lo spiega.
“L’amministrazione comunale di Benevento ha avviato da diversi mesi il provvedimento amministrativo per consentire la realizzazione di un grande Campo da Golf in zona agricola, tra Cretarossa, Coluonni e Capodimonte, con strutture connesse (Club House, Ristorante, impianti sportivi, Resort, struttura per grandi eventi) da costruire su aree da trasformare urbanisticamente con “accordo di programma”.
Con i recenti contributi l’arch. Vincenzo Carbone, urbanista, e il dott. Pompeo Nuzzolo, già segretario generale di molti comuni, da ultimo Modena, noto esperto in materia amministrativa e fiscale, hanno esaminato la questione sotto due aspetti distinti, ma paralleli, urbanistico e fiscale, giungendo alla fine, inevitabilmente alle stesse conclusioni.
In sintesi: la procedura prescelta, l’accordo di programma, per le strutture annesse al campo da golf, non è corretta perché l’intervento è unitario, campo da golf e connesse strutture turistiche-alberghiere, e non può essere diviso in due con diverse procedure urbanistiche; non va sottovalutato l’aspetto fiscale riguardante il contributo di costruzione e l’IMU.
Conclusioni condivisibili, tuttavia va evidenziato anche un altro aspetto, solo accennato dai due esperti, che necessita di un approfondimento: la conformità urbanistica dell’intervento alle destinazioni, in particolare quella agricola, prevista dal PUC e l’unitarietà dell’intervento complessivo.
Innanzitutto si rileva che il PUC vigente consente la realizzazione dei campi da golf nelle zone F6 in cui “si persegue la realizzazione di funzioni sportive di uso pubblico” tra cui “i campi da golf” e D3, zone elementari del tipo D (prevalente uso produttivo), destinate ad “attrezzature per il turismo, ……, campi da golf”.
Invece, l’area su cui l’Antum intende realizzare il campo da golf a Benevento è classificata dal P.U.C., in parte zone elementari di tipo E1 ed E2 di tutela e valorizzazione mirata di primo e secondo grado e, in gran parte, zona elementare del tipo E3, a prevalente uso agricolo – forestale e pascolivo.
Inoltre, parte dell’area ricade nella fascia di 150 metri, su entrambe le sponde del torrente Cornacchie, dichiarato bene paesaggistico tutelato per legge ai sensi dall’art. 142, lett. c), del D.Lvo 42/2004.
Le Norme Tecniche di Attuazione del PUC prevedono che nelle zone E2 ed E3 si possono realizzare attività sportive e del tempo libero di “limitato impatto”.
Il “limitato impatto” non si riferisce soltanto alla volumetria ma anche all’uso del territorio, alle opere che si eseguono (movimenti di terra, risagomatura del terreno, anche con materiali diversi a quelli naturali e idonei alla coltivazione agricola, percorsi, muretti, laghetti, recinzioni, pali, impianti idrici ed elettrici, ponticelli ecc.) e, soprattutto, al ridimensionamento se non alla scomparsa totale dell’attività agricola, come avviene nella fattispecie con la realizzazione di un impianto sportivo che occupa l’intera area disponibile, avente destinazione agricola, di ben 59 Ha (590.000 mq).
In realtà, è possibile realizzare impianti sportivi complementari all’attività principale, ovvero quella di un’azienda agricola, da prevedere nel piano di sviluppo aziendale che l’imprenditore agricolo (requisito soggettivo necessario per intervenire in zona agricola) dovrà presentare per ottenere il Permesso di Costruire.
La complementarietà, quindi il “limitato impatto”, va commisurata non solo in termini di opere ma anche e soprattutto in rapporto alla superficie impegnata per l’attività sportiva e al reddito da essa prodotto che dovranno essere una percentuale minima (complementare) rispetto a quella agricola (principale).
Questi concetti, a mio parere urbanisticamente elementari, sono stati più volte ribaditi, con orientamento costante, anche dal giudice amministrativo con diverse sentenze.
Ad esempio le sentenze del Tar Lazio – Latina – n. 607 del 24 luglio 2023 e del TAR Campania 3537/2020 hanno sancito, tra l’altro, i seguenti principi:
– le strutture sportive in genere non sono realizzabili in zona agricola, naturalmente incompatibile con queste destinazioni. Un suolo classificato come agricolo dal Piano Regolatore Generale comunale è per definizione vocato alle esigenze di conduzione del fondo e all’esercizio delle attività agricole: diverse utilizzazioni sono ammissibili solo se integrative e complementari con l’attività agricola prevalente dello stesso soggetto;
– le normative comunali che ammettono una limitata possibilità di realizzare in zona agricola interventi edilizi vanno interpretate nel senso che si deve assicurare tutela al paesaggio agricolo e alla sua utilizzazione per fini alimentari, ritenendosi invece inconciliabili con la finalità della zona agricola di PRG l’utilizzazione che ne pregiudichi la destinazione naturale del territorio, comportando la deruralizzazione;
I TAR vanno oltre ed hanno stabilito che la regola non è recessiva neppure nel caso di enti del terzo settore, nonostante che per essi sia previsto il principio di indifferenza urbanistica di cui all’articolo 71 del Dlgs 117/2017 (sostitutivo dell’articolo 32, comma 4, della legge 383/2000).
Insomma, Da Roma a Benevento, si potrebbe prendere come esempio “Marco Simone Golf & Country Club” di Guidonia, dove grande successo ha riscosso la Ryder Cup.
Risultati eccezionali ottenuti dopo un lungo percorso e varie fasi studiate nei particolari, ad iniziare dal primo fondamentale atto, ovvero una variante al PRG, necessaria per assicurare l’imprescindibile conformità urbanistica e l’unitarietà dell’intervento.
Infatti, per realizzare il campo da Golf con relative pertinenze, nel 1987 il Comune di Guidonia, con Delibera di Consiglio Comunale n. 130, adottò un’apposita variante al PRG con cui fu individuata una specifica sottozona F7 – Aree destinate a campo da golf e relative pertinenze – nella sostanza analoga alla zona F6 del PUC di Benevento, con cui furono stabiliti, in modo preciso, destinazioni, superfici, indici, parametri, opere di urbanizzazioni, modalità esecutive e l’obbligo della lottizzazione per tutta l’area, con annessa convenzione.
Proprio a garanzia dell’imprenditore che intende investire a Benevento, perché non seguire la stessa procedura che ha portato a Roma tanti vantaggi turistici ed economici?
Perché Antum e amministrazione comunale continuano ad insistere con il già contestato Accordo di Programma per realizzare strutture turistico-sportive su parte della superficie, invece di procedere con una corretta Variante Urbanistica su tutta l’area di intervento, campo da golf con strutture annesse?
Inoltre, il Comune deve considerare che nel caso dovesse autorizzare il grande Campo da Golf in zona agricola, poi, per coerenza e uniformità di comportamento, dovrebbe consentire la realizzazione di altri impianti sportivi nelle stesse aree destinate alle coltivazioni.
Quali sarebbero, sorvolando sulla loro legittimità, le conseguenze e le ricadute sociali, ambientali e urbanistico-territoriali, in mancanza di una valutazione complessiva estesa all’intero territorio della riorganizzazione di uso dei suoli da perseguire con un corretto ridimensionamento delle varie destinazioni e di una loro organica distribuzione?”