L’Italia si colloca al terzo posto in Europa nella classifica dei paesi con maggiori disponibilita’ di acqua, dietro solo a Svezia e Francia; eppure, allo stesso tempo, siamo il paese con i maggiori consumi pro capite di acqua potabile e il secondo per consumi in agricoltura. Un altro paradosso, tutto italiano, che emerge chiaramente dallo studio realizzato dall’Istituto Eurispes sullo stato delle acque in Italia.
Decisamente problematica la situazione infrastrutturale: le perdite idriche nella rete di distribuzione nel 2020, sono state pari al 42,2% del volume di acqua immessa, il che equivale
ad una perdita pari a 3,4 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno. Detta in altro modo, in Italia ogni giorno vengono buttati 157 litri al giorno di acqua per abitante pari al fabbisogno idrico di circa 43 milioni di persone.
Al riguardo, esistono differenze sostanziali tra un Nord, tendenzialmente piu’ virtuoso, e un Centro-Sud in cui permangono situazioni di grave criticita’. A livello regionale, infatti, le maggiori perdite avvengono in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%), e, con l’eccezione delle Marche (34,3%) e della Toscana (41,6%), tutte le regioni centro-meridionali hanno livelli di perdite idriche superiori alla media nazionale. La situazione si ribalta al Nord dove le perdite idriche si attestano in media al 32,5% per il Nord-Ovest e al 37,8% per il Nord-Est.
Ancora piu’ in dettaglio, nel 57% dei comuni italiani vi sono livelli di perdite superiori al 35% dei volumi di acqua immessi in rete. In poco meno della meta’ di questi le perdite arrivano addirittura a superare il 55%. Tra i comuni capoluogo di provincia/citta’ metropolitana solamente cinque hanno perdite in volume inferiori al 25% dell’acqua immessa in rete e sono: Milano (17,6%), Aosta (23,9%), Ravenna (24%), Ascoli Piceno (24,2) e Pavia (24,9%).
Mentre sono dieci quelli con perdite superiori al 60%: Latina 2 (73,8%), Belluno (70,6%), Frosinone (69,5%), L’Aquila (68,3%), Potenza (63,9%), Ragusa (63%), Crotone (61,6%), Benevento (61,5%), Oristano (60,3%) e Siracusa (60%).
L’ammodernamento e il rifacimento della nostra rete idrica e’ forse uno degli elementi piu’ urgenti da affrontare per recuperare almeno una parte dei 3,4 miliardi di metri cubi che ogni anno vengono letteralmente dispersi nell’ambiente. D’altro canto, risulta difficile aspettarsi alti livelli di efficienza da una rete civile che per il 60% risale ad almeno trent’anni
fa.
Di questa quota, inoltre, il 25% avrebbe superato i 70 anni di vita mentre in diversi centri storici italiani vi sarebbero ancora tubature risalenti al periodo post-unitario. Diventa pertanto sempre piu’ urgente adottare misure di adattamento ai cambiamenti climatici che favoriscano un uso piu’ razionale ed efficiente delle risorse a nostra disposizione. In questo contesto bisogna prendere atto del fatto che la crisi idrica, sperimentata in diverse aree del Paese, non sia dovuta solamente a una carenza, spesso momentanea di materia prima, ma sia piuttosto una crisi infrastrutturale dovuta alla mancanza di impianti e reti adeguate sull’intero ciclo dell’acqua.
Al riguardo basti pensare come l’Italia potrebbe recuperare, attraverso la depurazione e il riuso delle acque reflue, circa 8,5 miliardi di metri cubi di acqua (poco meno di un terzo dell’acqua consumata annualmente) da destinare all’agricoltura e all’irrigazione dei campi.