La pandemia ha portato con sé numerosi cambiamenti a livello sociale, che in alcuni casi avranno un impatto negli anni a venire. Mentre le conseguenze sul sistema sanitario sono state immediate e chiare fin da subito, le ripercussioni sul mercato del lavoro potranno essere più graduali e rivelarsi nella loro interezza soltanto tra qualche tempo. A pochi mesi dalle fasi più acute dell’emergenza sanitaria si è iniziato a parlare delle cosiddette “grandi dimissioni”, durante cui 47 milioni di persone negli Stati Uniti hanno lasciato il loro posto di lavoro. Il fenomeno si è poi diffuso anche in altri Paesi, unito alle difficoltà di assumere personale in diversi settori tra cui quelli della ristorazione e del turismo. Nel 2022 è poi emerso il concetto di “quiet quitting” o abbandono silenzioso, comparso ancora una volta al di là dell’Atlantico e poi arrivato anche da noi.
Cosa comporta il quiet quitting
Sebbene il nome di questo fenomeno possa trarre in inganno, “quiet quitting” non vuol dire smettere di andare al lavoro di punto in bianco e senza dare spiegazioni. Implica invece la decisione di fare solo lo stretto necessario, seguendo alla lettera le condizioni contrattuali per quanto riguarda mansioni e orari di lavoro, senza fare nulla di più. Niente straordinari quindi, né volontà di dare il massimo con progetti extra e compiti che esulano dal proprio ruolo.
Il fenomeno è dunque nuovo solo all’apparenza: ha attirato l’attenzione dei media attraverso contenuti TikTok virali, ma non si tratta realmente di qualcosa mai visto prima. Il contrasto è certamente più spiccato negli Stati Uniti, dove per anni la mentalità dominante almeno dal punto di vista dei contenuti è stata quella improntata allo stacanovismo. L’idea del lavoro come elemento centrale della propria vita è certo meno diffusa in Italia e in Europa in generale, dove è più comune cercare un sano equilibrio tra vita professionale e privata.
Un cambiamento di mentalità radicale
Nel corso della pandemia, molte persone hanno avuto l’occasione di ripensare le proprie priorità e rivalutare il modo in cui utilizzano le proprie giornate. Messi di fronte a un rischio concreto e immediato per la salute propria e delle persone care, in tanti hanno scelto di dare più importanza a famiglia e affetti rispetto al lavoro. Chi ha preso un periodo di pausa forzata durante il lockdown oppure ha potuto sfruttare per la prima volta lo smart working ha forse notato benefici nella qualità di vita a cui non vuole più rinunciare.
La crisi legata al coronavirus ha inoltre portato in luce il ruolo della salute mentale per il benessere generale. Servizi di psicoterapia online come quello disponibile qui hanno visto un forte incremento di utenti a causa dell’aumento dei casi di depressione e ansia dal 2020 in poi. Si è parlato più spesso anche della sindrome da burnout o esaurimento legato principalmente al lavoro, a partire dallo stress a cui è stato sottoposto il personale sanitario ed espandendo poi la conversazione per includere altri settori.grandi dimissioni,
Un fenomeno in evoluzione
Guardando ai fattori ora esaminati, non sorprende quindi notare un cambiamento di mentalità diffuso che porta a mettere in secondo piano lavoro e carriera rispetto a salute e affetti. Il quiet quitting, almeno nella versione resa popolare da TikTok, resterà forse tra le tendenze sociali rilevanti nei prossimi anni. È possibile che la situazione si evolva in maniera diversa, magari prendendo in considerazione nuovi modi di organizzare il lavoro come la settimana di quattro giorni. Al tempo stesso, le difficoltà economiche in cui le famiglie versano a causa di inflazione e crisi energetica potrebbero giocare un ruolo nel mantenimento di dinamiche più tradizionali sul posto di lavoro.