‘Donne in cerca di guai’, recitava una nota canzone di Zucchero. E quante donne hanno ingaggiato una unica grande battaglia per affermare il proprio diritto ad esistere, a contare, come si diceva negli anni 70.
“Siamo in tante, siamo più della metà ma non contiamo niente in questa società.” Un refrain del femminismo, che piaccia o meno è la base di partenza della lotta per l’affermazione dei diritti. Otto marzo di lotta.
È lo spirito con cui la CGIL celebra la giornata, un giorno che sia tutti i giorni per una diuturna lotta per l’affermazione della parità di genere che non è ancora affermata benché si sia ritenuto che l’obiettivo fosse alla portata ma così non è. Deficit retributivo, contratti, quando ci sono, firmati in bianco, buste paga esponenzialmente più “leggere” rispetto agli uomini, maternità avversata.
E allora la panchina della CGIL assume un significato lato. Parità, rispetto dei diritti, violenza ormai dilagante. Il motore del 2000, diceva Dalla, è inceppato e i passi indietro sono vistosissimi.