Si parla molto di autonomia differenziata, vale a dire la possibilità che lo Stato riconosca alle regioni a statuto ordinario una certa autonomia legislativa e di trattenere il gettito fiscale che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive. Che tradotto in termini spiccioli sarebbe a dire che le regioni più ricche ne trarranno il massimo beneficio per quanto riguarda scuola, sanità, spesa pubblica e quelle più povere ovviamente un depauperamento sostanziale. A veder bene nelle pieghe della questione si scopre però che questa dell’autonomia differenziata è una faccenda che attraversa in lungo e in largo il cosiddetto “Arco Costituzionale” e on è affatto una materia che sta a cuore alla destra, da poco tornata alla guida del Paese. Essa autonomia differenziata trae spunto dalla sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, che fu una riforma voluta da governi di sinistra. Su questa riflessione si appunta il ragionamento di Luigi Ruscello, economista e attento osservatore di cose politiche, che esprime il suo punto di vista che noi pubblichiamo.
La vogliamo smettere, noi meridionali, con questo piagnisteo contro l’autonomia differenziata che spaccherebbe un paese già spaccato? Lo vogliamo capire che la Lega non c’entra niente, ma sta solo approfittando dell’immenso regalo fattole dalla cosiddetta “sinistra”? Perdonate la presunzione, ma Vi riepilogo quanto accaduto, e sono fatti:
- La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione» è stata votata dai seguenti partiti: DS, PPI, Misto, Verdi-U, UDEUR.
- Con tale legge, dovuta al fatto che anche noi meridionali, nonostante il Mezzogiorno fosse cancellato dalla Costituzione più bella del mondo, abbiamo contribuito votando SI al referendum, è stato inserito il comma 3 all’articolo 116, che così recita: «Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata»
- Il governo Letta, con la legge 27 dicembre 2013, n. 147 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014), all’Art. 1, comma 571 ha stabilito che il Governo è obbligato a prendere in considerazione le richieste di autonomia presentate dalle regioni: « Anche ai fini di coordinamento della finanza pubblica, il Governo si attiva sulle iniziative delle regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali ai fini dell’intesa ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione nel termine di sessanta giorni dal ricevimento. La disposizione del primo periodo si applica anche alle iniziative presentate prima della data di entrata in vigore della presente legge in applicazione del principio di continuità degli organi e delle funzioni. In tal caso, il termine di cui al primo periodo decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge.»
- Il 28 febbraio 2018 il governo Gentiloni, senza che il Parlamento esprimesse alcun parere, ha addirittura firmato tre pre-intese con Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, il cui articolo 4, relativo alle risorse, cioè ai “soldi”, è identico (Bonaccini e il PD fanno gli indiani).
- Vogliamo renderci conto che una legge ordinaria, quale è il ddl approvato dal CdM del 1° febbraio 2023, ma che in precedenza, e senza seguito, era già stata predisposto dall’allora ministro Boccia, non può assolutamente intervenire su una legge “rinforzata” quale è quella che recepisce le diverse intese?
Come si fa, se non in malafede, ad accusare la Lega, che io peraltro aborro? Come stanno le cose, se in Parlamento si formasse una maggioranza assoluta che approva la legge rinforzata, non ci sarebbe nulla da fare. Tale legge, però, deve rispettare numerose prescrizioni, derivanti dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria, che non sono poche e facili da soddisfare. L’unica soluzione dirimente è quella proposta dal Prof. Villone, cioè di variare gli articoli 116 e 117 della Costituzione. A tal fine, infatti, ha lanciato una raccolta firme per la proposizione di una legge popolare. Non mi sembra, però, che noi lagnosi meridionali stiamo firmando in massa (io l’ho già fatto).
Un’altra soluzione potrebbe essere quella secondo cui tutte le quindici regioni a statuto ordinario deliberassero l’atto d’iniziativa relativo all’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia e lo presentassero. Perché almeno i Presidenti delle regioni meridionali non lo fanno?
Ai posteri l’ardua sentenza.
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