Le forti piogge che si sono abbattute sul Sannio il 17 gennaio non hanno ancora del tutto cancellato le tracce della violenza della piena del fiume, quelle del fango, della distruzione.
A distanza di una settimana dal nubifragio, siamo andati a trovare Arturo Pagano, si l’artista sannita, lui, che abita proprio in una delle zone più colpite, ed è probabilmente la persona che ha subito i danni maggiori da questa ultima ondata di maltempo.
Benevento, rotonda dei Pendri, via Vitulanese. La zona è questa, l’abitazione è in un agglomerato di case, accanto vi è anche un centro medico- ci hanno raccontato che le persone quel pomeriggio sono rimaste bloccate anche qui.
Parcheggiata la Panda di Lab, il maestro Pagano ci viene incontro, indossa una grossa pettorina realizzata con i sacchi neri della spazzatura, “una creazione di mia moglie “ ci dice sorridendo.
Più avanti c’è anche il signor Ettore,il vicino di casa che tutti vorrebbero avere, da subito corso in aiuto per salvare il salvabile, e stamattina ancora li, stivali di gomma e camice, bisogna ancora pulire.
Siamo entrati nello studio, o quello che ne resta, dopo l’irruzione del torrente che scorre proprio dietro casa. Le acque selvagge cariche di fango, e detriti, hanno divelto le saracinesche del laboratorio, sfondato le porte e invaso ogni cosa. Il fango ha ricoperto i quadri,gli attrezzi, le tele selezionate per nuove mostre internazionali, a cui ora l’artista dovrà rinunciare.
Dopo una settimana di lavoro,per cercare di buttare via dalle stanze quintali di melma con l’aiuto di tanti amici e volontari, la casa è stata ripulita alla buona, “è stato tolto il grosso” insomma. Ma restano le tracce sui muri, sulle tele appoggiate alle pareti. Il fango ha lasciato nuove tinte sulle opere, e ha lasciato amarezza, sgomento per chi una situazione così l’ha vissuta già due volte.
Nella zona sono 4 le famiglie colpite da questa ultima ondata di maltempo, “Nel 2015 con l’alluvione abbiamo perso 5 macchine” ci racconta Clementina la moglie di Pagano, “allora l’acqua superò i due metri, questa volta siamo stati più fortunati con un metro e mezzo”, racconta la donna nascondendo con finto sarcasmo l’amarezza che in realtà le alberga nel cuore, e ad un passo dalle lacrime ci racconta anche della morte atroce dei due pappagallini.
“Erano nella loro gabbia, ogni giorno tenevano compagnia mio marito che li lasciava liberi di volare nella stanza, si posavano sui quadri, giocavano a rincorrersi tra le tele. Quel maledetto pomeriggio del 17 gennaio non abbiamo fatto in tempo a salvarli.
La gabbia era nello studio, la piena del fiume è arrivata e un mobile trascinato dal fango vi è finito sopra. Se solo li avessimo liberati sarebbero stati in grado di volare oltre il fango. Non ci posso pensare, questa cosa mi strazia”.
L’arte si rigenera– dice Arturo Pagano guardano le tracce del fango sul pavimento-“un artista lo è nel profondo e io non so fare che questo, creare, dare vita alle forme attraverso i colori, le suggestioni. Di questa ennesima vicenda ne racconterò a modo mio, attraverso nuove opere, ma con l’arte purtroppo non salviamo le case, non risolviamo le criticità strutturali che sono a monte di disastri annunciati. Bisogna intervenire con misure contenitive e preventive”.
“Il corso del fiume e l’insenatura innaturale, ma c’è anche la questione dei tombini di scarico, che necessitano pulizia e manutenzione costante per evitare l’intasamento che provoca l’allagamento delle strade. Il torrente che passa dietro le case, è stato incanalato ad un certo punto in una condotta troppo piccola per contenere una portata d’acqua abnorme nel caso di una piena, questo ha provocato l’esondazione e il superamento di un muro di contenimento, che anche questa volta non è riuscito ad arginare l’acqua e difendere la casa”. A farci rivivere quel pomeriggio di tensione sono le parole di Ornella, che vive ai piani più alti della casa e che ci racconta della paura del figlio più piccolo, che ha il terrore di addormentarsi da solo, e dell’angoscia che li assale ogni volta che piove un pò di più.
Il maestro Pagano, con la sua famiglia e gli amici della contrada non chiedono nulla, non è una questione di risarcimento. Si chiede solo che venga fatta prevenzione attraverso opere infrastrutturali adeguate.
Il problema degli allagamenti non si limita alla sola zona di contrada Pantano, ma inizia già dalla rotonda che porta alla via Vitulanese, qui se piove i danni si vedono, e noi di storie come queste non ne vorremmo raccontare più.