Nel 2021 il tasso uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione si è attestato al 12,7%, ancora lontano dal traguardo fissato dal Consiglio dell’Ue nel 2021 del 9% entro il 2030″. A lanciare l’allarme è Save The Children nel rapporto ‘Alla ricerca del tempo perduto- Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana’. Su questo fronte solo Spagna e Romania fanno peggio di noi in Europa.Carenze storiche della scuola italiana, pandemia e inflazione rischiano di diventare una “miscela esplosiva” rilegando i giovani nella categoria dei Neet, 15-29enni non inseriti in alcun percorso lavorativo o di formazione e che oggi rappresentano il 23,1% del totale. Il numero più alto in Europa. Inoltre “tra il 2019 ed il 2022, la percentuale di studenti che arrivano al diploma di scuola superiore senza le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro e dell’Università, è passata dal 7,5% al 9,7%2″, è quanto fotografa il rapporto dell’organizzazione, impegnata in prima fila dal 2012 nella prevenzione della dispersione scolastica e nel contrasto alla povertà educativa in Italia.I dati più recenti testimoniano dell’incremento dell’incidenza della povertà assoluta tra i minori, passata dal 13,5% del 2020, al 14,2% del 2021, pari a 1 milione 382mila bambini”.
Un paese spaccato a metà e dove “la privazione educativa è legata a quella materiale”, infatti “i territori dove è più alto il numero di studenti che provengono da famiglie con livelli socioeconomici più bassi, sono anche quelli dove gli stessi studenti hanno più difficoltà a raggiungere i livelli di apprendimento adeguati”, spiega Save The Children. “Nel Mezzogiorno si registrano infatti percentuali molto elevate di studenti che alla fine della scuola secondaria di primo grado non raggiungono livelli di apprendimento soddisfacenti in italiano: tra il 45% ed il 49% nelle regioni del Sud e delle Isole, rispetto al 34%-35% delle regioni del Nord e del Centro.
In matematica, tra il 54% ed il 60% degli alunni nel Mezzogiorno non raggiunge livelli di apprendimento stabiliti per la fine del primo ciclo di istruzione5, mentre tale percentuale scende al 36%-40% per le regioni Centro-Settentrionali”- spiega Save The Children. “Il divario si amplia ancora alla fine della scuola secondaria superiore, momento in cui si registrano oltre 15 punti di distacco tra regioni del Nord e alcune regioni del Sud: in Campania, Calabria e Sicilia, infatti, sono più del 60% gli studenti che non raggiungono il livello base delle competenze in italiano, mentre in matematica risulta raggiungere un livello insufficiente alla fine delle superiori il 70% degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna.
Inoltre nelle regioni meridionali, nonostante una riduzione consistente avvenuta nell’ultimo anno in particolare in Puglia (-4,3%) e in Calabria (-3,8%), permangono percentuali di ‘dispersi’ alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8% in Campania”. Analizzando i dati del Ministero dell’Istruzione presenza del tempo pieno, della mensa e l’adeguatezza delle infrastrutture fisiche, emerge chiaramente una correlazione positiva tra offerta di tempi e servizi educativi e livelli di apprendimento. Ecco perchè “è fondamentale aumentare significativamente, più che diminuire, le risorse per l’istruzione, portandole al pari della media europea”, cioè al 5% del Pil.
“Investire il 5% del PIL vorrebbe dire rendere disponibili circa 93 miliardi, contro i circa 71 stanziati nel 2020”, lo chiede Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, in occasione della presentazione del rapporto di Save The Children ‘Alla ricerca del tempo perduto- Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana’.Dati a cui la politica deve “dare risposte e in fretta, per non aggravare una situazione già complessa”, è il commento di Rossano Sasso, sottosegretario del ministero dell’Istruzione.Le scuole “devono essere messe nelle condizioni di poter svolgere il proprio ruolo. Bisogna assicurare la continuità didattica attraverso la stabilizzazione degli insegnanti precari, che possono costituire un punto di riferimento preziosissimo in contesti di particolare fragilità sociale. Ma i docenti vanno anche valorizzati con stipendi adeguati e agevolando gli spostamenti verso i territori di origine. Va rafforzato il tessuto della formazione tecnica e professionale, che presenta dati lusinghieri a livello di opportunità occupazionali, e va ampliato il numero degli insegnanti di sostegno. Ma bisogna anche lavorare su forme di supporto per le famiglie, ad esempio rendendo detraibili fiscalmente tutte le spese sostenute per l’istruzione fino alle scuole superiori. Così si aiutano davvero i cittadini – sottolinea Sasso – non estendendo l’obbligo scolastico o con altre trovate estemporanee che stiamo sentendo in questi giorni”